1983, dalla storia di Emanuela Orlandi alla riflessione su potere e verità

0
1366

La letteratura come strumento per interrogarsi sul reale, a partire da temi come il rapporto tra informazione e potere. E’ il senso del confronto dedicato a “1983” di Gianluca Spera, Colonnese, liberamente ispirato al rapimento di Emanuela Orlandi, la cittadina del Vaticano, rapita nei pressi del Senato il 22 giugno 1983, tenutosi al Gufo di Avellno. A confrontarsi sul romanzo  Aniello De Piano e Floriana Guerriero. Guerriero ha posto l’accento sull’abile costruzione narrativa che contraddistingue il romanzo, popolato da una miriade di personaggi e storie, attraverso i quali Spera ricostruisce anche il contesto storico del tempo. “Un romanzo – ha spiegato Guerriero – che è denuncia nei confronti di un paese che fa ancora fatica a fare i conti con il proprio passato, in cui la ricerca della verità appare sempre un percorso irto di ostacoli. Pochissimi i personaggi che nella storia si preoccupano davvero di capire cosa è accaduto e tutti dovranno cercare di abbattere quello che è il muro di gomma che li separa dalla verità, anche a costo di pagare un prezzo altissimo Tra questi il magistrato Panatta e l’agente Maggio, pronto a lottare per cercare di restituire Beatrice o almeno qualche certezza sul suo destino alla famiglia. E sarà proprio Maggio tra i primi a comprendere che quella storia coinvolge le sfere più alte, dai servizi segreti al Vaticano e tutti sembrano congiurare perchè non si arrivi mai alla verità. Ecco perchè bisogna a tutti i costi garantire che quel caos creato attraverso fake news, telefonate di mitomani e depistaggi di gruppi di pseduoterroristi non si dissolva soprattutto grazie al corto circuito mediatico”. E’ toccato quindi ad Aniello De Piano soffermarsi sulla struttura del romanzo “costruito attraverso dialoghi serrati tra personaggi, ora meschini, ora fragili, uno stile coinvolgente e accattivante, intriso di ironia che sembra guardare ai grandi scrittori americani, in una Roma, ora sordida, ora misteriosa”. Per ribadire come il riferimento alla vicenda di Emanuela Orlandi sia “solo un pretesto per riflettere sul tempo in cui oggi viviamo e le sue contraddizioni, a partire da un potere che continua a cercare di manipolare i cittadini” E’ quindi Spera a prendere la parola, spiegando di aver scelto di partire dalla vicenda di Emanuela Orlandi perchè “mi offriva, con i suoi eccessi, la possibilità di affrontare temi molteplici, dal rapporto con il potere all’informazione, che appare nel romanzo strumento attraverso il quale manipolando l’opinione pubblica,  puntando sul sensazionalismo più becero. Al tempo stesso mi piaceva il fatto che nella storia si intrecciassero elementi molteplici, con l’emergere negli anni delle ipotesi più diverse, dal complotto straniero al legame con la banda della Magliana. Volevo dimostrare come di tutte quelle ipotesi avanzate negli anni, nessuna venga supportata dalla logica e probabilmente la soluzione è molto più semplice di quanto abbiamo sempre immaginato. Come a dire che tutti i depistaggi sono serviti solo a nascondere una verità banale. La storia di Emanuela Orlandi era poi perfetta per offrire lo spaccato di anni cruciali per il paese, segnati dalla guerra fredda”. Ricordando come “è un romanzo popolato da antieroi, rigorosamente solitari nella loro lotta”. Quindi ha ammesso come uno dei suoi modelli sia lo scrittore americano Ellroy capace “di destrutturare pagine della storia americana. Ed è quello che cerco di fare anche io, partendo da eventi cruciali della memoria italiana, mettendo in evidenza come il potere finisca spesso per calpestare uomini e donne, pur di raggiungere il proprio scopo”