1985: quando Covotta divenne primo cittadino

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L’11 ottobre 1985 il neo eletto sindaco Domenico Covotta presentò in Consiglio Comunale il programma formulato dopo avere consultato “tutte le forze Politiche, Sociali, Sindacali, ad eccezione del Partito Social Democratico”, che, come testualmente scrisse,  non volle “colloquiare con l’Amministrazione”. Era a capo di una giunta centrista, formata dai 14 consiglieri democristiani (DCI) ed uno liberale (PLI). Presentò le leggi vigenti in materia di gestione degli enti locali che negli ultimi tempi avevano vista ampliata la loro competenza, dopo l’istituzione delle Regioni, con particolare riguardo alla gestione dei servizi sociali e nei settori dell’assetto del territorio e dello sviluppo economico. Preannunciò che il Parlamento stava per adottare nuove norme sulle autonomie locali e stava delegando il Governo  “ad identificare le circoscrizioni Provinciali su proposta Regionale”. In vista di questo nuovo assetto istituzionale sostenne “che, senza fughe in avanti, nell’attuale contesto politico-costituzionale” era realizzabile “il circondario come entità di decentramento amministrativo, presupposto il più consistente e valido per ogni eventuale sviluppo del discorso sulle stesse circoscrizioni provinciali”. Prendeva a riferimento quanto era stato già realizzato nelle regioni Piemonte, Toscana, Emilia Romagna e Basilicata che avevano istituito i circondari, funzione che auspicava fosse attribuita anche ad Ariano che avrebbe svolto un “ruolo di guida dell’intera zona”. Covotta ascriveva alla città anche il compito di collegamento con altri enti: Comunità Montana Ufita, Unità Sanitaria Locale n.1 e Distretto Scolastico n.1, tutti aventi sede sul suo territorio. Altro aspetto istituzionale programmato era la redazione ed approvazione da parte di un’apposita Commissione Consiliare del nuovo regolamento disciplinante l’organizzazione ed i lavori del Consiglio Comunale, nonché la partecipazione dei cittadini alle “grandi scelte attraverso un referendum a carattere consultivo”.  Per quanto riguardava la macchina amministrativa del comune prevedeva la ristrutturazione degli uffici, la copertura dei posti in organico vacanti e la formazione “per i nuovi assunti e l’aggiornamento per quelli in servizio”.  L’obiettivo prefissato era: ottenere da un lato la coesistenza “del binomio efficienza- democrazia” e dall’altro “offrire alla collettività un servizio efficiente al più basso costo possibile”, anche cedendo ai “capi-ripartizione….una maggiore autonomia dei servizi nel pieno rispetto della funzione amministrativa e politica”. Non poteva mancare l’esposizione di alcuni dati statistici sulla popolazione residente che, subito dopo il sisma del novembre 1980, aveva visto una costante flessione passando da 22.825 abitanti di questo anno a 22.795 del 1983, con una ripresa nel 1984 a 22.967 ed al 31 luglio 1985 a 23.022. L’incremento fu un effetto immediato e concreto prodotto dai primi interventi edili per la ricostruzione degli edifici nel post terremoto. Altro dato statistico rappresentato riguardava la distribuzione per fasce di età della popolazione, che era così composta: da 0 a 19 anni il 30%, da 20 a 64 anni il 55%, da 65 a 75 anni il 15% con una notevole prevalenza delle classi più giovani. Vi erano 6582 occupati pari all’85% ed un ridotto numero di disoccupati 278 pari al 3%, mentre i giovani in prima occupazione erano 1209 pari al 15%. La distribuzione degli occupati nei vari campi di attività produttive vedeva l’agricoltura al primo posto degli addetti pari al 30%, seguita dall’industria con il 28%, il commercio con il 13%, trasporti a comunicazioni con il 5%, credito e assicurazioni con il 2% ed infine i servizi pubblici e privati con il 22%. Da questi dati Covotta dedusse che accorreva intervenire per ottenere “una ulteriore e notevole riduzione della forza lavoro in agricoltura con una riqualificazione di tali lavoratori ed uno sviluppo delle attività industriali e dei servizi, i cui indici occupazionali” erano “notevolmente inferiori alle medie nazionali”. Per la realizzazione di tale obiettivo sosteneva di dovere avere  “la massima attenzione” ai giovani, trasformando “l’Ente Locale da Ente troppo attento alla gestione dell’ordinario, ad Ente che susciti sviluppo e crescita sul territorio attraverso l’attivazione delle risorse, la razionalizzazione degli interventi, la programmazione dell’uso del territorio”. Se questo era l’obiettivo finale nell’immediato prevedeva “di programmare corsi di studio più rispondenti alle nuove esigenze della Società (in materia di informatica, di                                                                                                                                                                                             professioni parasanitarie, di alta tecnologia e specializzazione); d’incentivare l’artigianato e la piccola industria”  che dovevano rappresentare “il primum movens di un processo produttivo e di avviamento al lavoro per i giovani”. Si trattava di un nuovo modo di affrontare il problema della disoccupazione giovanile, con l’utilizzo delle risorse economiche delle casse comunali e statali e soprattutto dei numerosi posti disponibili negli organici dei molteplici enti e ed uffici della pubblica amministrazione esistenti in città. Particolare attenzione rivolse alle “fasce di popolazione meno protette e più esposte”. Capovolgendo “il concetto di assistenza che da pura elargizione di oboli o di pasti caldi”, Covotta pensò di  “mirare a garantire all’individuo le condizioni di autonomia e di autodeterminazione”. Era necessario, allora, “fissare con atto deliberativo un minimo vitale e concedere contributi pari alla differenza tra il minimo vitale e il reddito accertato del nucleo familiare; assicurare un minimo di sussistenza a nuclei familiari in temporanea situazione di crisi; elargire contributi per comprovate urgenze; per custodia temporanea di minori, anziani o inabili; dare contributi sui canoni di fitto per abitazioni in rapporto agli aumenti conseguenti all’applicazione dell’equo canone”. Ritenne opportuno dare particolare attenzione alle molteplici necessità dei portatori di handicap, favorendo il volontariato ed intervenendo per l’abbattimento delle barriere architettoniche, concorrendo alla spesa di mezzi di locomozione, all’assistenza domiciliare ed all’accompagnamento se necessario. A ben vedere anticipava di molto l’attuale proposta del “reddito di cittadinanza” e/o di certe forme assistenziali oggi tanto propagandate dai vari partiti politici e tanto richiesti dalle organizzazioni sindacali o dei sodalizi del settore.

I problemi urbanistici

Covotta al primo posto pose la redazione del Piano Regolatore, che nel suo intento doveva diventare “occasione per la programmazione dello sviluppo complessivo della città e non solo di quello edilizio, collegandolo alle dinamiche emergenti sul territorio e alle importanti scelte programmatiche che enti sovra comunali (Comunità Montana, U.S.L. ecc.) stanno operando”. I capisaldi del programma erano da lui indicati in due punti, mentre i tempi di attuazione erano così individuati “avere valore limitato nel tempo e potersi attuare attraverso programmi poliennali (due quinquennali)”. Ecco i punti: 1) “riqualificare l’esistente, rivitalizzare e ricostruire prioritariamente il centro storico” con l’estensione “a tutta la sua area di piani di recupero”; 2) “individuare nel sistema della viabilità e nel piano dei servizi e delle attrezzature le opere… direttamente operative” distinte da quelle da approfondire “attraverso ulteriori strumenti di pianificazione”. I progetti già operativi o prossimi a diventarlo erano: “1) Il completamento del terzo e del quarto lotto delle opere di sistemazione delle strade e dei servizi del centro urbano con annesso parcheggio-silos in zona Calvario; 2) Il completamento dell’asse viario Tre Torri- Manna; 3) Il completamento della strada di penetrazione SS.90- Petrara- Pasteni- S. Leonardo- V. Nazionale; 4) La sistemazione delle strade rurali, con annessi servizi; 5) Il piano degli insediamenti produttivi; 6) Completamento del Palazzo degli Uffici dell’Ospedale in località Maddalena, del Deposito Comunale e delle opere Cimiteriali; 7) L’avvio del programma costruttivo alloggi terremotati, la realizzazione di un centro sociale nel Piano di Zona di Cardito e l’approvazione del progetto per un autoparco con annessa autofficina per i servizi di trasporto pubblico”. Le opere che necessitavano di “un maggior approfondimento” erano così riportate  “a) Ampliamento e potenziamento dell’assetto viario e dei servizi del centro urbano; b) La realizzazione di una variante alla SS.90 “Manna- Camporeale” che eviti Ariano e possa collegare direttamente la zona P.I.P. con il nucleo industriale Valle Ufita; c) Il nuovo ospedale comprensoriale in località Manna; d) Lo stadio comunale e gli impianti sportivi rionali in località Martri, Cardito e centro storico, da progettare ed eseguire attraverso mutui del credito sportivo; e) La riconversione della Biblioteca Comunale, dell’edificio Polivalente ex ECA, del mattatoio Comunale e dell’edificio ex Sottoprefettura”. Queste opere sono state quasi tutte realizzate sia pure in tempi alquanto lunghi, ad eccezione della variante “Manna-Camporeale” e del nuovo ospedale comprensoriale, proposta questa non realizzata ed abbandonata. La prima di tali ultime opere, dopo la progettazione, è stata finanziata ed anche appaltata, ma da tempo i lavori iniziati con i dovuti espropri dei terreni interessati sono stati sospesi per delle varianti ritenute necessarie dalle amministrazioni susseguitesi dal 1985 fino ai nostri giorni. La sua mancata realizzazione è oggetto di continui dibattiti tra i partiti politici e tra i cittadini, i quali lamentano i gravi disaggi provocati dall’intasato traffico e dalle code di auto che si formano nei quartieri “Cardito” e “Martiri”. Molto spazio fu riservato  da Covotta  alla ricostruzione degli edifici distrutti o danneggiati dopo i terremoti verificatisi nel 1962 e nel 1980. Del sisma del 1962 erano state presentate 1140 istanze di contributi, delle quali 638 già liquidate, 256 istruite ma non finanziate, mentre 256, sebbene ammesse a contributo, dovevano ancora essere istruite ed esaminate dal Consiglio. Ben altra procedura tecnico- amministrativa era stata seguita per il patrimonio edilizio del rione Valle con la costituzione di un comparto, i cui finanziamenti erano “fermi al maggio 1982 e i progetti relativi alle 10 isole” erano stati approvati “dal Consiglio in ragione di 8”. Le richieste di contributi per il sisma del 1980 erano 2031, delle quali “136 pratiche..istruite e finanziate; 1280 istruite e non finanziate, mentre 615 non erano state ancora istruite e, perciò,  non finanziate”. Da tali dati erano escluse le unità immobiliari ricadenti negli ex comparti diventati piani di recupero delle località Tranesi, S. Stefano, Guardia e Mancini ancora oggi in buona parte da ricostruire. Dopo questi dati relativi alla ricostruzione degli edifici privati del centro storico, Covotta rivolse la sua attenzione sul “settore agricolo”, proponendo i seguenti interventi: “completamento e potenziamento delle infrastrutture; difesa del suolo; realizzazione di centri di servizi”. Ciò comportava il completamento della viabilità rurale, in particolare “nelle zone di Camporeale, Piano del Nozzo, Difesa Grande e altre”, occorreva anche “porre particolare attenzione al potenziamento delle reti idriche, elettriche e telefoniche” e “ripristinare e migliorare tutte le sorgenti e fontane pubbliche”. Si trattava di interventi che richiedevano enormi risorse economiche stante la grande estensione del territorio arianese pari a 182 chilometri quadrati e la presenza su di esso  di buona parte della popolazione con case, stalle ed altri beni immobili. Ariano per la presenza di abitanti sull’intero territorio veniva definita dai tecnici “città diffusa”, con l’inconveniente che ogni parte del suo territorio vedeva insediamenti abitativi bisognosi di tutte le opportune infrastrutture e servizi (scuole, chiese, illuminazione stradale, rimozione dei rifiuti, gasdotti, una fitta rete viaria, ecc.). Tutto ciò per la realizzazione si avvantaggiava del sostegno economico della Comunità Europea, dello Stato e della Regione, ma produceva nel tempo forti aggravi sulle casse comunali per la sua gestione e manutenzione con altrettanti pesi economici sulla popolazione residente.

dal “Quotidiano del Sud”