Il 2 giugno di 70 anni fa il voto alle donne e la nascita della Repubblica. E’ giusto celebrare questa festa con il volto di Tina Anselmi. La prima personalità ancora vivente a cui sarà dedicato un francobollo che sarà emesso proprio oggi. Lo scorso 25 marzo, ha compiuto 89 anni. Lei la prima donna in tutto. Staffetta partigiana, parlamentare, ministro, presidente della commissione sulla Loggia P2. Di quella commissione ha fatto parte come componente l’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato ritiene l’Anselmi una figura limpida ed esemplare che si è battuta per l’emancipazione femminile e contro i poteri occulti. Poche parole che però tratteggiano bene la “Tina” come la chiamano familiarmente a Castelfranco Veneto dove è nata. Una regione che ai tempi della DC veniva definita il Veneto bianco per sottolineare il radicamento su quel territorio della Democrazia Cristiana. E lei di quel partito è un’assoluta protagonista. Laureata in lettere, dopo la breve esperienza partigiana si iscrive alla DC e scala tutti i gradini della carriera politica. Da sempre vicina al sindacato cattolico, si occupa dei diritti delle operaie tessili e delle maestre. Entra a 32 anni nel consiglio nazionale della Dc nel congresso che elegge Aldo Moro segretario al posto di Fanfani. Nel 1968 viene eletta in Parlamento. Nel luglio 1976 diventa ministro del Lavoro nel terzo governo Andreotti: è la prima donna a ricoprire l’incarico di responsabilità di un dicastero. Nei successivi governi Andreotti è ministro della Sanità e realizza la riforma del sistema sanitario nazionale. Nel 1981, d’intesa con il Pci, è scelta per uno dei ruoli più delicati della storia della Repubblica: quello di presidente della Commissione di indagine parlamentare sulla P2. Il segretario della DC di allora Flaminio Piccoli la incoraggia e lei firma l’ importante documento che analizza le gravi relazioni della loggia con apparati dello stato e con frange della criminalità organizzata, messe in campo per condizionare con ogni mezzo la vita democratica del Paese. Sarà l’autrice della cosiddetta Legge Anselmi per lo scioglimento delle associazioni segrete. Sono gli anni del terrorismo, delle infiltrazioni piduiste nella società, del fallimento del compromesso storico dopo la morte di Moro. Il suo nome riecheggerà più volte come possibile candidata alla Presidenza della Repubblica. L’ultimo incarico politico è la presidenza di un’altra commissione stavolta governativa che agli inizi del 2000 indaga sulla vicenda dei beni confiscati agli ebrei italiani in seguito alle leggi razziali di Mussolini. Un atto di riparazione, una ferita da sanare che ancora una volta tocca alla Anselmi rimarginare. Lei che è stata sempre una donna fedele alle istituzioni del nostro paese. Le ha servite come dovrebbe fare ogni buon politico e amministratore. Oggi che è prigioniera di un male che le impedisce relazioni e richiede molto affetto, di Tina Anselmi ci restano le sue parole scritte in un libro del 2006 “Storia di una passione politica “ in cui sostiene che “la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo. Dovremmo riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni, non è solo progresso economico. E’ giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. E’ tranquillità per i vecchi e speranza per i figli”. Parole consegnate ad una generazione che vive con troppo distacco e poca passione la politica, che ha immaginato di affidarsi alla società civile. Gli esempi recenti, l’ultimo negativo quello di un’altra donna Federica Guidi al governo, ci portano a rivalutare l’esperienza della buona politica e di personalità come Tina Anselmi che hanno dedicato la loro vita al bene comune.
edito dal Quotidiano del Sud