2022: i funerali della filosofia politica

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 Di Vincenzo Fiore

«A volte si dice che a faccia a faccia non si riesca a vedere il vero volto dell’altro», lo sosteneva Gorbaciov, l’uomo della Perestroyka, che chissà se abbia scorto fino in fondo l’aspetto assunto dalla sua amata Russia dopo la caduta dell’Unione Sovietica. «Dove corri così, Russia?», si chiedeva Gogol, forse la risposta era semplicemente da nessuna parte. Che si tratti di Nicola II, Stalin o Putin, siamo inevitabilmente di fronte a diverse maschere di zarismo, nel quale l’uomo solo al potere ha l’ambizione di piegare tutti gli altri. La morte di Gorbaciov è un evento passato in sordina, un giornale di destra ha scritto persino che in molti pensavano che fosse spirato da tempo. In patria niente funerali di Stato, Stato che aveva contribuito a fondare. Al contrario delle cerimonie solenni dedicate a Elisabetta II, anche lei scomparsa nel 2022, la cui morte ha ovattato qualsiasi responsabilità politica e ha rimandato qualsiasi riflessione seria sul suo trono: dal neocolonialismo camuffato, ai conflitti come nelle Falkland, alla malagestione della situazione irlandese. Ma a dispetto dell’attenzione dei media, è forse Gorbaciov la vera morte illustre di quest’anno che sta per concludersi. L’uomo della diplomazia e pieno di buone intenzioni che ha ucciso involontariamente qualunque filosofia politica: ogni partito odierno è un partito liberale, fuori tale logica è impossibile esistere. La profezia di Lenin si è allora avverata: i vari Parlamenti rischiano di assomigliare a un gioco di marionette, le vere decisioni le prendono i mercati, la forza economica vive autonomamente fuori dal Palazzo. E non perché il modello sovietico fosse virtuoso, tutt’altro, ma poiché rappresentava un monito, un rischio, una paura. Con un qualsiasi Partito Comunista forte un amministratore delegato di McDonald’s non si sarebbe potuto permettere di affermare che convenga più acquistare un robot da 35mila dollari che pagare un operaio che ha la pausa pranzo e può prendere malattia. E così, da quella storica svolta che ha investito l’intero pianeta e con esso anche l’Italia, è nata una sinistra senza un’identità precisa, che ha ereditato parte di quello che era stato un moderato centrismo scimmiottatore delle stesse politiche della destra.

Sarebbe stato interessante un programma su queste tematiche condotto da Piero Angela, uno degli ultimi baluardi di una televisione che era davvero servizio pubblico, altro personaggio che il 2022 porta via con sé. E sicuramente il noto divulgatore scientifico avrebbe dedicato una puntata della sua trasmissione al centenario dalla morte di Marcel Proust e a quello dalla nascita di Pasolini, ricordandoci il fascino, il mistero e l’indipendenza da ogni condizionamento esterno della letteratura. Perché la scrittura è spesso fascinazione dell’ignoto, il nostro Paese lo sapeva già con Elena Ferrante, ma ancora di più oggi con una scrittrice per ragazzi ignota che è andata contro qualunque tendenza di vendite che si fa chiamare Erin Doom. Di lei sappiamo che è italiana e ha circa trent’anni: il suo romanzo il Fabbricante di lacrime (Salani) è infatti il libro più venduto in Italia del 2022. Una moda che funziona quella di non svelarsi? Una strategia di marketing? Forse. O forse una necessità in un modo di figuranti.