Pd, Gengaro: serve una svolta Politica non significa gestione del potere

Con Schlein nella corsa alla segretaria nazionale, ma serve innovazione anche in Irpinia

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Antonio Gengaro, ex vice sindaco di Avellino, lei è tra i sostenitori di Elly Schlein alla segretaria nazionale Pd: perché?
Penso che rappresenti la novità. Se non interpreta il nuovo, la politica non ha senso. Il Pd viene da una brutta sconfitta, il suo gruppo dirigente è in crisi, è un partito che non parla più alle fasce deboli. La nostra piattaforma politica va rivista. Schlein mette in agenda il lavoro, i giovani, la questione sociale, la difesa dei diritti. E’ una deputata che ha avuto una esperienza importante da europarlamentare e da vice presidente della Regione Emilia Romagna. Ha una approccio pragmatico alle questioni e questo credo faccia bene al nostro partito.
Bonaccini ha tutti dalla sua parte.
Le battaglie di minoranza non mi hanno mai spaventato. Intorno a Bonaccini c’è il sistema di potere del Governatore De Luca. Invece in questo momento credo che il Pd debba puntare sul massimo dell’innovazione politica, recuperare quei mondi che si sono allontanati, scommettere su una piattaforma progressista, riformista, collegarsi alla grande cultura della socialdemocrazia. Schlein può portare il Pd in questa direzione, a fare un passo avanti rispetto al passato. Altrimenti non ha senso fare un congresso.
Un congresso vero…
Una delle prime questioni che deve affrontare il Pd è quella della trasparenza del meccanismo di tesseramento. Credo che oggi il tesseramento si stia facendo in maniera corretta ed è giusto che una volta terminata la fase delle iscrizioni si celebrino i congressi a livello locale.
Che cosa si aspetta dal congresso regionale?
Credo nei congressi aperti, dove si contendono tesi diverse. Spero che non si finisca in una unità di facciata, assecondando la logica del vogliamoci bene, che non serve a nessuno. Al congresso regionale bisogna parlare di cosa è stato il partito in questi anni, dei limiti del governo regionale di De Luca, uomo solo al comando con scarsa attenzione verso le aree interne. Il Pd prenda atto della mancanza di una proposta di riequilibrio dello sviluppo delle fasce costiere e montane. Non siamo più ai tempi della terra dell’ osso Manlio Rossi Doria ma il problema la differenza tra le aree del napoletano e del salernitano e quelle dell’avellinese e del beneventano è imponente.
C’ è un problema di rappresentanza a Palazzo Santa Lucia?
La classe dirigente regionale irpina dovrebbe fare fronte comune per sostenere le ragioni del suo territorio, costruire un progetto di sviluppo, guardare al futuro dei nostri giovani. Il futuro dell’Irpinia passa per la piattaforma della Valle Ufita, un progetto di 15 anni fa. E’ ora che i partiti ricominciano a pensare. Come diceva De Mita, senza pensiero non c’è politica. La politica non può esser solo gestione. Siamo stati condannati dall’elettorato anche perché ci siamo rinchiusi nello status quo.
Che cosa c’è che non va nel Pd irpino?
Ero l’unico che non era d’accordo sul finto unanimismo del congresso unitario, fermo restando la mia stima per Nello Pizza. Al congresso non c’è stato nessun confronto ma una intesa tra correnti che ha portato Pizza ad essere segretario. Credo che il partito abbia bisogno di uno slancio. Apprezzo comunque il fatto che Pizza stia cercando di mettere in piedi una coalizione di centrosinistra vera per le amministrative cittadine.
Il Pd irpino è realmente unito?
Sto all’ opposizione di Pizza e rimango di questa opinione. Penso che Pizza abbia qualche problema con la maggioranza che lo sostiene nel partito e che gli imputa la responsabilità della sconfitta alla politiche. E’ una maggioranza tenuta insieme dal collante del potere deluchiano, attaccata alla mammella del governatore.
Che partito immagina?
Il grande limite del Pd, in questi anni, è di essere stato un comitato elettorale al servizio dei parlamentari e dei consiglieri regionali. Dobbiamo ripartire dall’Abc. I partiti sono luoghi di pensiero e di formazione della classe dirigente, di confronto tra gli iscritti. Oggi c’è troppo appiattimento sulle leadership e sugli amministratori. Ci dovrebbero essere – in realtà ci sono – regole di incompatibilità: o si è nel partito o nelle istituzioni, enti e consorzi. Le sovrapposizioni non vanno bene. Il Pd per definizione dovrebbe essere il partito del pluralismo dove si discute delle questioni pubbliche proprio per ridare fiducia all’opinione pubblica.
Una irrimediabile crisi dei partiti?
I partiti dovrebbero esser delle case di vetro. Le persone che interpretano il partito nelle istituzioni devono essere consequenziali con il programma. Il Pd non può sostenere piani regolatori che prevedono il consumo del suolo o dove si favorisce la speculazione edilizia. La rappresentanza del Pd nelle istituzioni deve essere trasparente e mai avere a che fare con gente dedita alla criminalità come avviene pure nella nostra provincia. Un sindaco del Pd non può avere rapporti con noti delinquenti.
Lei è stato per due volte presidente del consiglio comunale di Avellino: che cosa ne pensa delle parole di Ugo Maggio rivolte a Francesco Todisco?
La rappresentanza della massima assise cittadina non è mai caduta così in basso. Capisco che alla fine di una seduta si possa essere stanchi ma la gravità delle parole pronunciate da Maggio nei confronti di Todisco e della consigliera Iannuzzi si possono emendare solo come un atto di totale di assunzione di responsabilità, cioè le dimissioni. Tra l’altro anche il comportamento assolutorio del sindaco mi sembra ridicolo e irresponsabile.