“Le creature variopinte” di Napodano, così la filosofia insegnana a pensare e a provare emozioni

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Ieri il confronto al Circolo della stampa

 

Esperienze e stralci di conversazioni mediate dal simbolismo analogico della metafora e della fantasia, centrale per permettere ai ragazzi di mettere in gioco il proprio mondo di rappresentazioni. E’ il risultato del laboratorio dialogico, da cui nasce “Un mondo di creature variopinte- Le buone pratiche di filosofia dialogica per bambini e ragazzo”, Diogene multimedia, di Mirella Napodano, presentato ieri reso il Circolo della Stampa. A confrontarsi, moderati da Amedeo Picariello, Clementina Gily (Università di Napoli ‘Federico II’), Giuliano Minichiello (Università di Salerno), Giovanni Sasso (Presidente SFI Avellino). Una riflessione che sceglie di partire dalla centralità dell’universo mentale dei bambini. “Sono loro – spiega Napodano – nella prefazione – che mi hanno insegnato a schiudere gli occhi a una visione sempre ulteriore”. Napodano parte da una premessa, la consapevolezza di quanto l’educazione sia legata al contatto emozionale con gli educatori, di qui la necessità di “schierarsi a favore di un modello pedagogico che non trascuri le domande radicali dell’esistenza, fondandosi sull’utopia del dialogo. Occorre continuare ad aver fiducia nelle pratiche di resistenza come in quelle inventive, vissute in prima persona insieme con altri, per amore di sé e del mondo…”. Un laboratorio dialogico, quello di cui dà conto Napodano,  sperimentato presso la scuola S. Chiara di Assisi, che appare come percorso di potenziamento cognitivo – fondato sul ragionamento e sul dialogo filosofico collegato al linguaggio musicale – in un’ottica di narrazione autobiografica e di ricerca cooperativa caratterizzata dall’apprendimento spontaneo e creativo per dimostrare che anche il pensiero dei bambini può offrire spunti estetici, logici ed ermenutici che meritano attenzione.  Si tratta, dunque, di educare alla reciprocità, alla condivisione, attraverso il ragionamento filosofico poiché “Filosofare – scrive Napodano – è infatti curiosità, indagine, esplorazione, spazio simbolico di incontro tra pensieri, emozioni, riflessioni, evocazioni, suggestioni olistiche”. I risultati del laboratorio sembrano dimostrare come l’approccio precoce alla filosofia favorisca lo sviluppo dell’attenzione all’altro, della disponibilità all’ascolto, del rispetto del punto di vista altrui. “Quello che stupisce sempre nell’approccio precoce alla filosofia – spiega Napodano – è  la constatazione di quanto sia logico e profondo il ragionamento infantile e in quale misura sia caratterizzato da curiosità, levità, apertura agli altri e alla vita: scoprire cioè quanto poco puerili siano i loro pensieri, specie quando la spontanea attitudine speculativa li spinge a concepire autentici approcci filosofici, espressi con semplicità”. Centrale in questa prospettiva è uscire dai linguaggi tradizionali che caratterizzano la trasmissione della conoscenza alla ricerca dell’inatteso, dello stupore che si alimenta con la pratica dialogica, coniugando attività cognitiva ed elementi emotivo-affettivi “Spetta certamente agli adulti anche la responsabilità di educare alla meraviglia, ma per farlo è necessario rinunciare alle certezze di un sapere precostituito che identifica la mappa col territorio, rendendosi disponibili al rischio della scoperta inattesa, nell’assoluta gratuità del piacere della comunicazione, ivi compreso il linguaggio musicale. Questa sì che può ritenersi una buona preparazione alla filosofia, ed in un certo senso è già filosofia: è il senso del nonsenso”.