Legge elettorale e sistema politico definitivo

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L’orologio della politica italiana raramente segna l’ora esatta, eppure basterebbe sincronizzarlo sul fuso orario determinato. In ogni modo, è inutile. C’è sempre qualcuno che si sforza di portarlo avanti e qualcuno che tempestivamente lo riporta indietro. Emblema di questa condizione è la legge elettorale. Da ormai venticinque anni si discute, a fasi alterne, di sistemi elettorali. Nell’ultimo periodo sembrava ormai prossimo il conseguimento di un risultato definitivo, al culmine di un pluriennale dibattito incentrato sull’esigenza di formare governi più solidi e duraturi all’interno della stessa legislatura. Da un giorno all’altro sembra essere cambiata la priorità. La politica ha ripreso a vestire i panni della demagogia, cavalcando l’onda emotiva del popolo elettore. Così avanza irrefrenabile la propensione verso un ritorno al passato. Allo stato attuale, due sono le strade percorribili: la riattivazione del proporzionale semplice oppure una riproposizione del proporzionale con premio di maggioranza alla coalizione vincente. Di conseguenza si profilano all’orizzonte le scelte dei protagonisti politici. Il rischio, molto probabile, è che si manifesti di nuovo il proliferare di partiti, senza tradizione culturale, costituiti soltanto per influenzare e condizionare, con accordi di compromesso, le forze politiche a bacino elettorale più ampio. Taluni vedono nel sistema maggioritario la riduzione della partecipazione al processo decisionale e la marginalizzazione delle minoranze. Questo limite può essere superato in vari modi, tra cui il funzionamento efficace del sistema politico. La democrazia è, per etimologia, il potere di tutti e, per procedura, il governo della maggioranza. Questo meccanismo è tipico dello Stato democratico moderno. Di volta in volta la maggioranza deve essere quanto più vicina alle indicazioni degli elettori e non il risultato di intese tra le fazioni partitiche. Nei sistemi politici avanzati e maggiormente funzionanti, la rappresentanza e il pluralismo vengono affermati e realizzati all’interno dello stesso partito, prima ancora che nelle sedi istituzionali deputate. Significativo è l’esempio degli Stati Uniti, dove la democrazia ha preceduto storicamente lo Stato ed è un valore consolidato. Alle ultime primarie dei democratici si sono confrontati due candidati con visioni differenti. Da una parte una linea liberal, più attenta ai diritti civili, e dall’altra un programma sociale, focalizzato sulla disuguaglianza. Al termine della sfida, i protagonisti hanno affrontato insieme la campagna elettorale per le presidenziali, sostenendo idee differenti  ma  conciliabili attraverso una mediazione trasparente. Quando anche in Italia saremo attori e spettatori di qualcosa di simile, allora potremo dire di aver raggiunto una moderna e contemporanea consapevolezza democratica.