Salvini tra due fuochi

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Quel disinvolto opportunista parolaio che ha dimostrato di essere il Capitone leghista negli anni appare ridotto ormai, per rivendicare la sua esistenza, a mendicare qualche sporadica dichiarazione. O a minacciare improbabili sfracelli. Troppe, però, le sue contraddizioni. Il brusco passaggio dall’indipendenza della Padania ad un goffo nazionalismo. Le non dimenticate offese ai meridionali brutti, sporchi e cattivi. Le intrusioni, come  ministro, nelle case dei cittadini alla ricerca di spacciatori. Il disastro-Lombardia nella gestone anti-covid, ascritto politicamente a carico del capitone. Strenuo sostenitore del governatore Fontana e della sua traballante giunta, tronfiamente proclamava:”Proporremo a Draghi il modello Lombardia”! Infine, la repentina trasformazione, da feroce anti-europeista (“l’Europa è fame, morte e sacrificio, non è il futuro che dobbiamo lasciare ai nostri figli”), in unionista fin troppo convinto (“Noi siamo mani, cuore, piedi e cervello in Europa”). Potenza dei miliardari aiuti Ue!

Da quando si è fomato il governo Draghi, non se la passa però tanto bene. Privato, dal Covid, della possibilità di utilizzare le piazze come cassa di risonanza con annessi selfie. E, dall’ingresso della Lega in maggioranza, della possibilità di sabotare sistematicamente le decisioni dell’esecutivo. Ora, derubato da Draghi perfino della linea dura verso i ritardi Ue,  appare disorientato. Sembrano passati anni-luce da quando aveva, con orgogliosa sicurezza, invocato per  l’Italia le cure protettive della Madonna. Però senza esito, forse per la inaffidabilità del richiedente. Ora annaspa. Balbetta. Divaga. Stona. Appare incerto. Fuori tempo. Incapace di costruire una  nuova narrazione che non sia la stanca ripetizione di perfomance datate. E sepolte ormai negli archivi televisivi. E’ avvenuto così anche la settimana scorsa, durante una conferenza-stampa, quando al premier una giornalista ha chiesto cosa pensasse di un tweet lanciato da Salvini – proprio a ridosso delle decisioni della cabina di regia circa la proroga delle restrizioni – sulla necessità di riaprire scuole, ristoranti e quant’altro. E Draghi, con disarmante, cortese ma beffardo aplomb, ha risposto che “le misure non sono campate in aria. Chiusure sono pensabili o impensabili solo in base ai dati dei contagi”.  Un palese ko a sfavore  del capitone leghista, il quale dovrà inventarsi  qualcosa di diverso. E presto, considerati i sondaggi che danno la sua “Lega per Salvini premier” in discesa nei consensi, oltre che ovviamente inadempiente nella sua mission finale del “Capitone” a palazzo Chigi. Non sarà facile, innanzitutto perchè è abbastanaza complicato, nella attuale realtà politico-parlamentare, portare avanti una linea di lotta e di governo insieme. Le difficoltà aumentano quando si tiene conto del fatto che quello di Draghi è un governo del Presidente. Per giunta con una maggioranza amplissima.  In cui nessun partito ha la golden share di essere determinante. Oltretutto, Draghi non è il tipo che si fa imporre decisioni, da un partiito, per mero calcolo politico. E in più rappresenta – per le sue caratteristiche personali e professionali – il più insostituibile garante del legame tra l’Italia e l’Ue. Cosa fondamentale, perchè da come saranno spese le risorse da questa stanziate dipende direttamente la rinascita dell’Italia. Infine, da ultimo ma non per ultimo, la presenza a fianco del premier come ministro dello sviluppo economico di un uomo di apparato della Lega come Giorgetti rende impossibile a Salvini il solito giochino, in cui appare specializzato, di sparare ad alzo zero contro l’esecutivo. E disconoscerne, come se fosse un signore di passaggio, le decisioni prese all’unanimità. Quindi anche con il consenso dei ministri leghisti! In particolare, sarà difficile contestare le deliberazioni non più emergenziali, ma quelle molto più importanti riguardanti lo sviluppo economico del Paese, elaborate sotto il coordinamento di Giorgetti!

Insomma, il Capitone si trova stretto tra due fuochi. La necessità di atteggiamenti che non compromettano l’arrivo delle ingenti risorse Ue attese dal sistema industriale del nord-est . E il rischio di una progressiva irrilevanza!

di Erio Matteo