Airoma agli studenti del Colletta: vicenda Ilaria Salis, nessun uomo può essere privato della propria dignità

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“Qualsiasi reato un uomo o una donna abbia commesso non può essere privato della propria dignità”. Lo sottolinea con forza il procuratore Domenico Airoma, in riferimento alla vicenda di Ilaria Salis, militante antifascista accusata di aver partecipato all’aggressione di due neonazisti durante una contromanifestazione a Budapest, detenuta dal febbraio dello scorso anno in un carcere di massima sicurezza in Ungheria. L’intera società civile ha reagisto con sdegno di fronte all’immagine della portata in aula in catene, con manette ai polsi e ceppi di cuoio ai piedi.

L’occasione è offerta dal confronto con gli studenti del liceo Colletta, dedicato questo pomeriggio alla cultura della legalità e al dialogo con le istituzioni, introdotto dalla dirigente Lucia Ranieri e dalla professoressa Rossella Farese. Un confronto a tutto campo che si trasforma in una vera riflessione sulla giustizia. Al tavolo insieme ad Airoma anche l’avvocato Biancamaria D’Agostino, membro del Consiglio Nazionale Forense. “Bene fa il governo italiano – prosegue Airoma – a pretendere il rispetto di principi riconosciuti dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”. E ribadisce come “la pena deve essere scontata ma deve essere sempre finalizzata al reinserimento dei detenuti”. E ammette come “La strada per il rispetto dei diritti all’interno delle carceri è ancora lunga”.

A denunciare la difficile condizione delle carceri italiane anche l’avvocato D’Agostino “Basti pensare al numero dei suicidi che continua ad essere elevato tra i detenuti e alla necessità di una edilizia più adeguata. Oggi troppe carceri devono fare i conti con la piaga del sovraffollamento”.

E’ quindi Airoma a consegnare una riflessione sul concetto di classe dirigente “Non necessariamente l’uomo che si interessa di polis deve essere un fine intellettuale, ciò che è importante è che abbia spessore morale. Penso a un personaggio come Lech Walesa, era un operaio ma è diventato una vera guida per la Polonia. Esiste una distinzione netta tra imperium e auctoritas. Non sempre chi ha imperiun ha anche l’auctoritas, l’autorevolezza è la possibilità di essere riconosciuto dagli altri come guida coerente e credibile”. Ribadisce che “la giustizia non può essere affare di pochi magistrati, ci sono questioni che sono legate al modo stesso in cui concepiamo l’uomo e che sono fondamentali in ogni società. Da decisioni come queste dipendono scelte economiche e politiche. Penso alla legislazione sul fine vita che può avere forti ripercussioni sulla politica sanitaria o al riconoscimento dello status di cittadino agli immigrati. Troppo spesso, sui casi controversi deleghiam tutto ai giudici, affidiamo la decisione a qualcuno perchè affronti la questione attraverso il suo punto di vista ma sarebbe giusto ci fosse una rifessione condivisa. Ho sempre diffidato di una democrazia oligarchica, ho sempre preferito lo spazio del confronto”. E spiega come “nella società di oggi non esistono più principi unanimente condivisi, ecco perchè è molto più difficile arrivare all’evidenza di ciò che è ingiusto”.

Se è vero che le leggi sono strumento necessario per garantire la libertà dei singoli, l’invito che rivolge ai ragazzi è quello di interrogarsi sempre sulla legittimità delle leggi stesse “E’ quello che dovrebbe fare ogni giudice, è questo il discrimine tra una società civile in cui regna il rispetto e una società in cui questo rispetto non esiste, tra i magistrati con la schiena diritta e non. Anche durante il fascismo ci furono giudici che si piegarono al regime e altri che non ebbero il coraggio di farlo, in nome di norme che sono al di sopra delle leggi e sono scritte dentro di noi. Il valore della giustizia è proprio questo, la possibilità di restituire dignità agli uomini quando viene calpestata ed è cosa ben diversa dalla cultura delle regole. Penso a chi non può partecipare a un’asta pubblica, a chi non può uscire perchè vittima di bullismo, a chi è costretto a pagare il pizzo. Il diritto può diventare strumento per ribellarsi a un’ingiustizia. Di qui la scelta di campo di giudici come Livatino che nella Sicilia più profonda non si voltarono dall’altra parte ma continuarono a svolgere il proprio dovere, pagando con la vita”.

Esorta i giovani a mettere da parte ogni forma di approssimazione, “qualsiasi cosa facciate agite sempre con passione e senza superficialità. Vi accorgerete che in questo modo anche le vostre vite e il vostro pensiero saranno più ordinati”. A ribadire il valore di un codice etico superiore anche a quello deontologico anche l’avvocato D’Agostino “Quella stessa tensione etica che guidò i padri costituenti e che deve guidare anche chi opera nel settore della giustizia”