ALLA “DISCOVERERTA DEL VERO (NUOVO) OMERO” PER SALVARE IL MONDO: L’ARTE

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Alla data di sabato 23 ottobre 2021, secondo quanto reso noto dall’OMS, sono 4 milioni 950 mila le vittime al mondo della peste del Covid e 244 milioni i contagiati. Ad onta del popolo – Giacomo Leopardi lo chiamerebbe “popolaccio” – dei no vax, sono stati i vaccini  innanzitutto a salvarci da una catastrofe di morte, tale da rendere la Terra la biblica “Valle delle ossa”. Inutile negarlo: come esseri umani stiamo  vivendo da due anni  un dramma che troppe volte si fa tragedia e che avrà fine solo quando  spunterà l’alba del giorno in cui non ci sarà più, in nessun angolo della terra, nessun decesso e nessun malato di Coronavirus. Forse, passeranno anni prima di vedere l’agognata alba: la notte è ancora fonda e, shakesperiamente,  lontana dal momento in cui  le tenebre, contendendo con la luce, cederanno al giorno il possesso del cielo e della terra.          Ma il peggio – incredibile dictu! – non è questo. Nonostante i vari Protocolli e Accordi tra gli Stati a favore della salute ambientale del pianeta, l’apparato  della potenza materiale capitalistico-borghese, inteso solo all’utile di poche migliaia di Paperoni, continua a spingere a livelli intollerabili lo sfruttamento, oltre che del lavoro umano, soprattutto delle risorse naturali. Se non s’inverte la direzione di marcia della cultura materiale distruttiva che domina sul pianeta, ci avvicineremo a passo di carica verso una catastrofe ecologica di incalcolabili proporzioni.

         Ebbene, a fronte dei mediocri balbettii di una sinistra intellettuale e culturale che di fatto non c’è più, aprendo il cuore alla speranza, diciamo con Gianbattista Vico della “Scienza Nuova” che stiamo assistendo alla nascita di un Nuovo Omero, cioè di uno spirito dell’arte, della sua poeticità e creatività e quindi del gusto e dell’amore per l’arte, che abbraccia parte significativa della razza umana, in primis, i giovani in lotta per il loro futuro. Centinaia di milioni di donne e uomini, in questo tempo solitario e maledetto, riscoprono e sentono  più forte il senso del bello e del sublime e, con esso, l’amore delle opere d’arte, oltre quelle poetico-letterarie, specialmente quelle pittoriche, scultoree e architettoniche. A loro volta, artisti, poeti, scultori, pittori, architetti sembrano presi da un nuovo, profondo e autentico genio creativo e dal bisogno di produrre arte che, avvenendo nel bello, non crei solo il bello, ma mai come in questo momento miri a salvare la civiltà umana, dando vita a  un nuovo modello di sviluppo, rispettoso della natura, che privilegi l’«humaum» e i valori dello spirito – ovvero a rifondare su basi nuove, forti basi i processi produttivi e, con essi, la cultura, la civiltà e la storia nostre. Nel dire questo, pensiamo a come sta meravigliosamente e sorprendentemente cambiando il mondo dell’arte, al modo di fruirla e goderne a vario titolo a livello di massa e a ciò cui la genialità estetica e poietica degli artisti  si  rivolge con senso del bene comune. Infatti, da più di un anno a questa parte, si sta verificando una vera rivoluzione nel mondo dell’arte grazie al digitale, reso obbligatorio dalla pandemia. Dopo un periodo lungo quanto comprensibile di sbandamento e di chiusura di musei e gallerie, l’arte, con le sue opere, si gusta, si apprezza, si studia, si compra senza vederla dal vivo. Questo ci dicono sempre più le cronache artistiche del 2021. Nessuna esposizione in carne ed ossa, nessun collezionista in giro fra gli stand, ma la possibilità di apprezzare, ad esempio, un murales nato a Palermo o una fotografia scattata a Cuba o un’immagine della Costa Rica o un dipinto esposto a Londra standosene a casa propria. Gallerie, eventi e fiere traslocano per la prima volta online, rimescolando un mondo che fino ad oggi è stato tradizionale, settoriale, diviso. Insomma, come è stato giustamente detto,  “L’arte non conosce più confini, muri, barriere grazie al digitale”.

Per la cronaca, questa è stata la scommessa vincente di Frieze – la Fiera d’Arte di Londra creata nel 2003 mentre gli artisti che facevano capo a Damien Steven Hirst, gli YBA (Young British Artists), conquistavano il mercato mondiale con le loro opere. E indubbiamente Damien Hirst, geniale artista e imprenditore, amato insieme a Jaspers Johns dal pubblico inglese, colpisce per la creativa singolarità delle sue  opere  ispirate alla sua tesi della “impossibilità fisica  della morte della mente in un essere vivente”. Va senza dire che la  Frieze, che ha anche altre due filiali, una a Londra e un’altra a New York, e le cui ultime mostre risalgono a qualche settimana fa, ha dato l’esempio a tante altre gallerie e associazioni artistiche sparse nel mondo. Il direttore della Frieze Master Nathan Clemens Gillespie, parlando della  fiera dello scorso maggio, ha detto: “Abbiamo avuto un boom di log-in, è andata abbondantemente ‘sold-out’ tanto che siamo stati costretti a contingentare le iscrizioni. Il successo è stato di gran lunga superiore a quanto non succedesse nelle fiere dal vivo. Un numero enorme di gente, da tutto il mondo, si è iscritto per navigare nelle nostre viewing room, seguire i talk online e fare shopping. Abbiamo registrato un numero di transazioni, dalle opere milionarie e quelle più economiche. Di sicuro il pubblico si è esteso in modo sensazionale. L’arte è mainstream, piace ai collezionisti più maturi, facoltosi e tradizionali, ma è amata sempre di più anche dalle nuove generazioni”.

Appare evidente, e va sottolineato, che le piattaforme digitali si sono dimostrate  uno strumento formidabile per democratizzare l’arte, includendo non solo i collezionisti ma anche chi, pur non avendo soldi, ama le opere d’arte e le studia. Dalle “nozze” tra l’arte e il mondo digitale è nato e  si è sviluppato il progetto One Voice. “Si tratta di un movimento  che promuove un festival outdoor internazionale dove l’arte pubblica diventa mezzo per ispirare e unire le comunità”, precisa Von Vacano. Fondato originariamente da Gil Shavit (Perù) ed Eugene Lemay (USA), One Voice è diventata un fenomeno mondiale. Ma quel che decisivamente conta è che è che durante la pandemia sono stati tantissimi gli artisti che hanno ripensato il loro rapporto con il sistema-arte, avviando un dialogo che ha superato i Paesi per stringersi un unico abbraccio collettivo. Ne è nato, tra gli altri il Manifesto “Art Thinking” a favore di un’arte che offra il suo inestimabile e fondamentale contributo di idee al cambiamento, e cioè a favore di un nuovo genere di agricoltura, industria, urbanistica,  commercio, servizi, turismo. Si tratta, per capirci, di uno sviluppo, finalizzato a  capovolgere ciò che fu fatto irresponsabilmente nel secondo dopoguerra, corrispondendo ad una logica di ricostruzione che privilegiava il profitto capitalistico, Accadde allora che le città subirono ricostruzioni senza anima e criterio, mentre coste e campagne vennero immolate alle necessità di industrializzazioni e di urbanizzazione selvaggia mai  rispettosa dei diritti delle persone e dell’ambiente.

Bisogna cambiare specie in Italia, altrimenti “l’alternativa è uno scenario apocalittico per il nostro Paese, cui la pandemia ha dato solo il colpo di grazia dopo quarant’anni di declino economico, sociale, intellettuale ed etico.  Dobbiamo riscoprirci curiosi, in tensione verso un futuro figlio della nostra inevitabile storia, usando l’unica materia prima di cui possiamo disporre: la nostra intelligenza e la capacità di stare al mondo in armonia”, come hanno detto artisti e intellettuali che rispondono al nome di Francesco Cascino, Raffaele Giannitelli, Guido Guerzoni, Azzurra Immediato, Filippo Riniolo e Giuseppe Stampone.

di Luigi Anzalone