Angelo Orlando, ospite in città si racconta: il cinema di Fellini capace di parlare all’incoscio

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E’ un omaggio prezioso quello della città di Avellino a Federico Fellini. Un omaggio, voluto dallo Zia Lidia Social Club, con la partecipazione del popolare attore Angelo Orlando, affidato alla proiezione de “La voce della luna”, pellicola che denuncia con forza la volgarità del nostro tempo, interpretato da Federico Fellini e Angelo Orlando, in programma domenica primo marzo, alle 19, al Circolo. A confrontarsi con l’autore e con la presidente Michela Mancusi Ciro Borrelli, Polo Giolivo e Nicole Maglio. Ultimo film diretto da Fellini, ispirato al romanzo “Il poema dei lunatici” di Ermanno Cavazzoni. Seguiamo così le vicende del sognatore Ivo Salvini, che sente le voci dai pozzi illuminati dalla luna e cerca la donna ideale. Nel suo vagabondare ha diverse piccole avventure con strani personaggi, tutti in possesso di una certa dose di follia: l’eterea Aldina di cui è invaghito; lo strampalato oboista che vive in un loculo cimiteriale; il bislacco Nestore con l’attitudine a guardare il mondo dai tetti; lo stravagante e grottesco Gonnella, un prefetto in pensione che sempre crede di vedere congiure dappertutto e si affanna, di conseguenza, per debellarle. Solo loro due, per amore o per angoscia, sanno “ascoltare” il silenzio della notte. Centrali nella pellicola la luna, simbolo dell’irraggiungibilità del Mistero e il pozzo, simbolo della profondità della natura dalla quale queste domande scaturiscono ed infine la donna amata. A raccontare il legame forte con Fellini l’attore Angelo Orlando.
Quale è stato il tuo rapporto con Federico Fellini?
“Molto paterno. Sentivo che mi trattava come una specie di sua creatura. Mi sentivo fragile. Ci teneva che mi sentissi a mio agio. Sul set avevo delle difficoltà perché era un film in cui non avevo tra le mani una sceneggiatura. Avevo solo pagine scritte a macchina e corrette a penna più volte. Molto spesso andavo sul set impreparato perché non avevo capito il contesto di quello che stavo facendo. Capii dopo qualche giorno che era la condizione che lui prediligeva. Lì si trattava di affidarti completamente e lasciarti guidare. Fellini mi aveva raccontato la storia del film e indicativamente, mi aveva dato come fonte d’ispirazione San Francesco. Mi diceva sempre: “Tu sei San Francesco!” Si preoccupava molto che non facessi molte espressioni col viso. Spesso veniva col dito indice a mettermelo sulla fronte e mi diceva: “Cancella questa ruga qui, devi stare più rilassato!” oppure “Angelino, ti sto facendo un primo piano, significa che riempirai lo schermo col tuo faccione, perciò non fare niente, nessuna espressione”.
Come è stato il vostro primo incontro?
“Si aprì la porta del camerino ed entrò. Cominciò a parlare senza fermarsi mai. Rideva. Avevo appena finito la mia esibizione in una serie di performance di comici al Sistina di Roma. Ero il terzo in scaletta. Tornai in camerino e dopo neanche due minuti entrò questo signore che si asciugava le lacrime dalle risate. Pensavo fosse il direttore del teatro, Garinei che si complimentava. Invece era Fellini. Lo capii dopo che i fotografi cominciarono a scattare fotografie e qualcuno lo chiamò “maestro” e qualcun altro “Federico”. Cominciammo a sentirci. Mi invitò agli studi sulla Pontina e mi raccontò la storia della Voce della Luna e il personaggio di Nestore. Andammo a pranzo insieme qualche volta e poi lui contattò il mio agente e mi ritrovai sul set con Benigni e Villaggio”.
Lo Zia Lidia ha scelto di rendere omaggio a Fellini, proiettando un film come “La voce della luna” a te molto caro.
“Molto caro perché era il mio primo film importante con un ruolo importante col regista più importante del mondo. Molto caro perché per me fu una sorta d’iniziazione a questo lavoro”.

Quale e stata la forza del cinema di Fellini? Quale la sua eredità?
“La forza di Fellini credo sia nella forza dell’originalità. Credo che Fellini fosse profondamente radicato in quella parte primordiale dell’uomo che risiede nell’inconscio. Fellini stesso è uno strumento per decifrare parti di noi che sono in diretto contatto con l’essenzialità del messaggio artistico. Dal suo cinema, dal suo modo di essere artista arriva un invito ad ascoltare se stessi. Questo è possibile solo se si riesce ad ascoltare la voce del silenzio”.