Antonio Raucci, Il nitore del collage (a cura di Dario Giugliano)

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Per Antonio Raucci, fare arte significa permettere al fruitore di godere appieno delle suggestioni emozionali e visive scaturite dalle sue raffigurazioni. Il fascino dei lavori artistici di Antonio Raucci risiede nel far rivivere il passato nel presente proiettandolo verso il futuro ed il gesto creativo, intrecciandosi con i materiali usati , assume una sinuosa eleganza compositiva. Scrive il curatore Dario Giugliano “Quello di Antonio Raucci può essere visto come un caso emblematico. Egli può ben considerarsi un allievo del compianto Stelio Maria Martini e negli ultimi anni si è avvicinato a Mario Persico, che tra l’altro sul finire dei lontani anni cinquanta del secolo scorso costituì una fonte di ispirazione fondamentale per lo stesso Martini. Questi, infatti, era solito testimoniarmi l’importanza imprescindibile di Persico nel suo approccio alla visualità (e all’arte) in generale, per lui che, fino a quando lo incontrò, poteva dirsi un giovane letterato di matrice post-simbolista o post-ermetica.

Con profonda umiltà si pone davanti alla materia, da lui cercata, e l’arricchisce con il contributo delle sue memorie, e si lascia cullare dall’incanto della magia creativa, formando un macrocosmo che si armonizza con gli elementi dei microcosmi circostanti. Scrive il curatore Dario Giugliano “I lavori di Raucci si sono, a mano a mano, affermati come sempre più gradevoli e accattivanti, piacevoli alla vista, frutto sicuramente di una competenza “tecnica”, nel tempo, progressivamente affinata, il che finisce per rafforzare ulteriormente l’appartenenza di questi lavori alla categoria generale della produzione cosiddetta di genere. Con questo, e concludo, voglio dire che quella del collage, come prassi estetica che aveva, come ogni iniziativa sperimentale, una finalità riformistica, riformismo che, accolto e rilanciato (esasperato) nell’ambito dei movimenti cosiddetti di avanguardia, tentava di rivoluzionare lo statuto stesso dell’arte, questa prassi estetica, dicevo, ha finito per costituirsi quale ulteriore tecnica che ha dato poi corso a un genere a sé, che, così “addomesticato”, si può frequentare a seconda dell’eventualità (e utilità) momentanea”. Nell’atto creativo Raucci si rifugia nel suo universo sommerso dove gli oggetti recuperati ed i pensieri della memoria si trasformano in un coreografico mosaico in una perfezione  elaborativa, lanciando messaggi che l’osservatore deve saper cogliere in interiorizzare.