Aspettando il risultato

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2005

Si apre una settimana intensa per la politica internazionale, nazionale e locale. Aspettando il responso delle urne mi limito oggi ad alcune considerazioni sulla vigilia della campagna elettorale. Il primo dato, a me pare, riguarda l’assenza di passione civile nell’affrontare i grandi nodi della realtà. Poca Europa, l’infittirsi dello scontro tra i leader del governo gialloverde e, sul piano locale, lo scadimento della politica intesa come risposta ai bisogni delle comunità.

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Di Europa si è discusso molto poco. E anche male. Dando ragione a chi ritiene che si sia accentuato quel distacco tra cittadino e stato sovranazionale che ha rappresentato fin dalla nascita dell’Unione europea un limite notevole. E’ stato messo da parte il pensiero di Spinelli e del suo sogno di un’Europa solidale per dare spazio alle grandi emergenze che hanno diviso più che unire. L’egoismo internazionale ha mostrato il suo volto peggiore: il risorgere, in forma nuova e diversa, del razzismo, talvolta con esasperazioni neonaziste, la ricomparsa di muri e fili spinati che offendono la memoria. . Il monito di Sergio Mattarella coglie in pieno la preoccupazione di chi vede la scomparsa del valore della solidarietà.

In particolare di Europa nel contesto mondiale si è discusso poco. Il rapporto di futura crescita tra Bruxelles e paesi emergenti dell’Africa, ha fatto registrare un grande vuoto. In realtà l’Europa ha perso il fascino del sogno unitario anche per responsabilità della qualità dei suoi rappresentanti. Non si dimentichi, infatti, che fino a pochi anni fa il Parlamento europeo era considerato come il rifugio dei residui della politica nazionale (“il cimitero degli elefanti”) , una sorta di confino extranazionale ben gratificato. Come i fatti dimostrano lo stesso ingresso dell’euro, ossessivamente e giustamente sostenuto da Carlo Azeglio Ciampi, non è stato sufficiente a modificare la situazione. In realtà l’assenza di una vera politica europea, di un governo sovranazionale, di un esecutivo capace di decidere senza sottostare ai compromessi al ribasso non hanno dato lustro al grande progetto immaginato.

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Sarà molto importante, invece, il risultato elettorale per comprendere gli scenari futuri nazionali. Fatta qualche rara eccezione di contrapposizione politica tra gli alleati dello stesso governo (le diatribe tra Craxi e De Mita appaiono di grande nobiltà rispetto ai contrasti tra gli attuali vice premier) nella mia memoria non trova spazio ciò che accade oggi nell’esecutivo gialloverde. E’ fuori di dubbio che le elezioni europee fanno da detonatore per alimentare ancora di più i contrasti tra Lega e M5s. Non credo che si tratti solo di un gioco delle parti, finalizzato a governare per gestire il potere. Gli elementi del contrasto vanno ben oltre gli insulti da cortile. Anche questa è una grande novità emersa dall’assenza di politica. Quando il M5s scopre, sia pure con notevole ritardo, l’esistenza della corruzione nel paese e di una nuova tangentopoli lombarda, ma non solo, pone un problema fortemente avvertito da chi, ed è la maggior parte, vive di stenti per arrivare a fine mese. Poi, però, la contraddizione tra la predica e la pratica finisce con il dire ben altro. Ne è esempio l’attuazione del cosiddetto “spoil sistem” (“alzati tu che mi seggo io” abbondantemente utilizzato per occupare Rai, banche e servizi segreti. E allora il dubbio sorge legittimo: governo e opposizione, così ben gestiti, limitano il controllo democratico della vere forze di opposizione, Pd e altri, che finiscono per gestire una stanca lamentazione che lo stesso governo produce in se stesso. Da questo punto di vista lo scenario del dopo 26 maggio non dovrebbe riservare straordinarie novità. Potrebbe accadere che la Lega, data in crescita, e il M5s in leggera ripresa, potrebbero riaccordarsi con qualche ritocco nelle postazioni di governo con un rimpasto che alimenterebbe il calumet della pace tra i due strani competitori nell’attuale governo. Naturalmente il voto passa anche per il risultato di Forza Italia e del Pd che, a seconda dei casi, potrebbe modificare gli scenari in tempi non proprio brevi. Un ulteriore inquinamento di questa campagna elettorale è rappresentato da alcuni organi di informazione che si dicono indipendenti, ma che senza pudore, spesso con titoli blasfemi e provocatori, e comunque oltre ogni buona regola del giornalismo delle opinioni, alimentano la rissa nel villaggio del governo gialloverde. Mi riferisco, in particolare al Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, che non è certo uno stinco di santo e a Libero di Vittorio Feltri, che in quanto ad opportunismo avrebbe molto da insegnare.

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Il voto tra sette giorni avrà una sua ricaduta anche nella Campania e, credo, soprattutto, nei confronti del sinistro governatore Vincenzo De Luca, già sindaco di Salerno. Da figlio di un comunista, di quelli che lottavano per la giustizia sociale, schierandosi dalla parte degli ultimi, credo che politicamente De Luca sia l’interprete di una strana concezione del ruolo della sinistra e un ottimo gestore del potere. Per ottenerlo non fa sconti, così come il recente passato ha dimostrato. Nel suo impegno di governo c’è quasi niente di giustizia sociale e tanto di trasformismo e clientelismo, radici del male della Campania e del nostro Mezzogiorno. In questa campagna elettorale De Luca più che rispondere con i fatti alle grandi emergenze del territorio (camorra, bonifica del suolo, lavoro forestale e quanto altro gli scivola sulla scrivania) si è infilato in una polemica sulla sanità che ha consentito ai suoi avversari di metterlo alla berlina. Con toni astiosi, rancorosi, conditi con linguaggio pittoresco, il governatore della Campania ha dato fiato ai polmoni quasi spenti dei suoi avversari, intimando ai direttori generali degli ospedali e delle Asl di proibire ai politici di fare passerella nelle corsie. Giusto. Manon tanto. E a lui, De Luca, perchè è concesso? Certo è che appare quanto meno stravagante il suo provvedimento. in piena campagna elettorale. Lo scontro è vissuto, a mio avviso, su un terreno diverso: la vicenda del commissariamento della sanità in Campania e le resistenze opposte dal ministro della Salute, la pentastellata Grillo, oggi in visita in Irpinia. Che la sanità regionale, al di là delle autocelebrazioni, vive in grande crisi è dimostrato dall’assenza di coraggio nel prendere decisioni importanti. Una per tutte: la grande questione morale che crea conflitti di interesse tra pubblico e privato.

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In Irpinia il voto di domenica prossima impegna il capoluogo e quarantasei Comuni. Il clima della vigilia è pessimo. Lo dicono minacce, intimidazioni, annunci di querele tra opposte fazioni. Mai così nel passato. Dopo il commissariamento del Comune di Avellino, e la caduta del sindaco Ciampi del M5s, al nastro di partenza si sono presentati sette candidati a sindaco, Nel centrosinistra pesa l’incognita del Pd diviso. Il partito ufficiale con il simbolo si è schierato con Luca Cipriano sostenuto da liste civiche. Gli si contrappone, tra gli altri, Gianluca Festa candidato da contestatori della segreteria Pd, facenti capo all’ex sottosegretario alle infrastrutture Umberto Del Basso De Caro. E già questa è un’anomalia e una contraddizione. La sinistra schiera Amalio Santoro, intellettuale colto e rigoroso nel denunciare i pericoli per assenza di legalità e il vuoto di proposte per il futuro del capoluogo. Costantino Preziosi viaggia in autonomia con il vento in poppa, mentre in leggera ascesa è anche il M5s con Ferdinando Picariello. La Lega è al suo battesimo ufficiale con la segretaria dell’ordine degli avvocati Biancamaria D’Agostino. Viaggia tra simpatie Massimo Passaro, con “i cittadini in movimento”. I big dei partiti hanno riservato alla città capoluogo grande attenzione, a cominciare da Salvini, Zingaretti, Di Maio e Grillo. I prossimi giorni saranno decisivi per sciogliere i nodi ancora sospesi. Come per Ariano. Montoro e Merco gliano dove il risultato influirà sui futuri assetti della politica provinciale.

di Gianni Festa