Aspettando la nuova stagione 

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L’ attualità del pensiero di Aldo Moro assume un significato particolare in questo tempo in cui la politica è agonizzante e i soggetti che la interpretano fanno fatica ad assolvere a una pubblica funzione. E’ il principio della responsabilità, più volte evocato dallo statista pugliese, ad essere oggi in crisi. La superficialità con cui si affrontano le grandi questioni sul tappeto, dall’europeismo all’immigrazione, sono il sintomo più evidente della mancanza di una cultura istituzionale, di un percorso connotato da effimere logiche di potere che tengono insieme movimenti così diversi tra loro. Si contesta il passato, non si pensa al futuro. In mezzo c’è un grande vuoto che ridonda di populismo, di muscolarità, di ambigui atteggiamenti. La costruzione del sentimento di avversione rispetto al passato è avvenuta nel tempo, paragonabile alla lenta erosione che le onde marine producono su una roccia. Sembrava non interessare a nessuno che il Paese stesse cambiando pelle e invece di produrre risposte ai bisogni ci si arrotolava in una crisi di personalismo tra soggetti troppo fragili, e molto spesso ambiziosi, per difendere la conquista della democrazia. Ancora oggi, rispetto a chi propone il superamento delle istituzioni democratiche (il Parlamento) con l’affermazione degli algoritmi, non si registra un minimo di ribellione. I principi costituzionali vengono calpestati con iniziative demagogiche da basso impero e la stagioni dei diritti, per tornare al pensiero moroteo, si allontana sempre di più se “non nascerà un nuovo senso del dovere”. La condizione, e la dimensione, del debito pubblico, la crescente disoccupazione, le misure assistenzialistiche, come il reddito di cittadinanza, o gli annunci di misure economiche penalizzanti per cittadini e imprese, ci consegneranno un autunno caldo verso cui l’attuale classe dirigente del Paese sembra impreparata.
Il dramma è che l’alternativa a breve non si intravede. Il centrosinistra si dimena nella sua crisi lacerante alla ricerca di una classe dirigente capace di fare da collante tra le diverse anime. Il personalismo domina su tutto. Le proposte di un cambio di passo si perdono tra la variazione di un nome o, peggio ancora, sul conflitto come metodo politico. Una stagione si è malamente spenta, una nuova non si vede all’orizzonte. La stessa cultura politica dei cattolici democratici, che tanto ha contribuito per saldare principi etici e politici, ha perso la sua autorevole voce. E la sinistra, intesa in senso largo? Rimane confusa, ossessionata dal tradimento fatto verso i più deboli, incapace di tessere una strategia unitaria per un confronto ampio sulle libertà e la difesa delle Istituzioni. In queste voragini si è inserito il populismo, alimentando una protesta senza proposte. Ed è da questi errori, a mio avviso, che bisogna oggi ripartire, prima che sia troppo tardi. Se questo è il tempo che ci è dato vivere, avrebbe detto Aldo Moro, è proprio da questo tempo che occorre far rinascere la nuova stagione dei diritti e dei doveri.

di Gianni Festa edito dal Quotidiano del Sud