Processo Aste Ok, i difensori: “Nessun monopolio delle aste. Esiste solo per provare l’associazione mafiosa”

Si torna in aula il 12 aprile per le discussioni degli avvocati Taormina e De Maio

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Aste Ok, si è celebrata oggi una nuova udienza del processo nato dall’inchiesta “Aste ok”del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d’illeciti il Clan Partenio. Davanti al Collegio presieduto dal giudice Roberto Melone, a latere Vicenza Cozzino e Gilda Zarrella, dopo la requisitoria tenuta, lo scorso 3 aprile, dal pm antimafia Henry John Woodcock, oggi sono iniziate le discussioni dei difensori degli imputati. I primi a prendere la parola sono stati i difensori delle parti civili. Francesco Pugliese SOS Impresa, Roberto Vetrone, Francesco De Cicco, Raffaele Tecce, Francesco Maria Confessore, Nicolina Muccio, Antonella Zotti e Vincenzo Capoluogo.

“Voglio sottolineare la vicinanza e sintonia di questa difesa alle richieste formulate dalla pubblica accusa nei confronti di alcuni imputati”, ha dichiarato l’avvocato Roberto Vetrone, difensore di fiducia di una coppia di esecutati e pertanto, alla luce dell’istruttoria dibattimentale, a mio parere è emerso che Forte Modestino – deceduto nel corso del processo N.d.R, .Nicolagaldieri, Carlo Dello Russo e Gianluca Formisano non hanno avuto alcun ruolo diretto nei confronti delle persone offese che rappresento e si revoca la costituzione di parte civile. Mentre sussistono elementi sufficienti per ritenere la responsabilità penale di armando aprile, Livia Forte e Mario Gisolfi per i reati loro ascritti. I fatti di reato hanno cagionato, danni patrimoniali e non. L’imputato Aprile Armando Pompeo, socio della Forte attraverso la società di comodo “Rinascimento Italiano Srl”, in concorso tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, mediante le violenze e le minacce poste in essere, ottenevano quanto richiesto; non patrimoniali, consistenti in pregiudizi subiti dalle vittime e dai loro familiari che non sono suscettibili di valutazione economica, ma che riguardano interessi inerenti alla persona. Così, in particolare, il danno biologico, quello morale, quello esistenziale e la lesione dei diritti costituzionali. Difatti, i miei assistiti hanno subito pressioni e minacce dal sodalizio criminale costituito da Aprile Forte e Gisolfi. Si chiede al Tribunale, quindi, il risarcimento dei danni”.

Dopo è stato il turno della discussione degli avvocati Rosaria Vietri per l’ imputato Mario Gisolfi e l’avvocato Gaetano Aufiero per Nicola Galdieri, Carlo Dello Russo e Beniamino Pagano.

Poi ha preso la parola l’avvocato Rosaria Vietri, difensore di fiducia di Gisolfi, per cui chiede l’assoluzione con formula piena del suo assistito. “Le prove raccolte non dimostrano in nessun modo il coinvolgimento del Gisolfi con il Clan Partenio. Non ci sono contatti diretti, messaggi o pedinamenti che dimostrino un’associazione con i membri del clan. Nel contesto dell’asta relativa al complesso turistico “Il Cigno”, gli esecutati hanno accusato il Gisolfi di minacce. Tuttavia, le prove raccolte indicano che la turbativa dell’asta è stata organizzata da altri, non dal Gisolfi. In sintesi, le prove raccolte non dimostrano il coinvolgimento del Gisolfi nelle attività mafiose o nella turbativa dell’asta. Le accuse si basano su testimonianze non attendibili e la sua non partecipazione è supportata dalle intercettazioni telefoniche e dalle testimonianze fornite nel processo”.

Poi è stata la volta dell’avvocato Aufiero. ” Finalmente chiudiamo questo processo, non vedevamo l’ora. Ma non venga percepito come superficiale l’utilizzo del termine “finalmente”. Lo dico perché nel corso del dibattimento si è tentennato. Ribadisco, ho fiducia nei giudici, che emetteranno una sentenza di assoluzione o di condanna, ma che certamente sarà giusta. Io sono stato fermamente convinto della non colpevolezza dei miei assistiti. Ho apprezzato “l’assordante silenzio” del Pubblico Ministero. Non ho capito perché Galdieri Nicola deve- ribadisce con forza il penalista – essere condannato per turbativa d’asta. Pagano Beniamino, secondo il Pm, ha un ruolo più rilevante in base a quanto emerso dal processo al Nuovo Clan Partenio. Marginale, invece, per quanto riguarda le aste. Rispetto all’impostazione della requisitoria del Pm, qualcosa si dovrà pur dire. Il mio non sarà un silenzio assordante. Io racconterò al Tribunale la verità per come emerge da questo processo. La verità emerge chiara e a cui abbiamo lavorato tutti. Possiamo dire che la verità processuale è palpabile, basta leggere i fascicoli. Venendo al processo, invece, mi sono chiesto qual è la prova che ha fornito il Pm dell’associazione mafiosa? Il Pm ha detto che la prova emerge dal processo al Clan Partenio. Quella sentenza, che io conosco benissimo, ma che adesso non ci dice nulla; perché non prova nulla in questo processo. Mi sono chiesto che cosa ha provato, in questo processo, la presenza del Nuovo Clan Partenio? Il Pubblico Ministero ha citato processi passati dove, l’unico imputato coinvolto nell’ultimo processo al Clan Partenio, è Pasquale Galdieri. Ma se del vecchio Clan Genovese non ci sono imputati in questo procedimento, vuol dire che non c’è discussione. Il Tribunale non ha bisogno di leggere le norme, perché le applica ogni giorno. Io, invece, sì; perché non si fanno processi per mafia tutti i giorni”.

Poi il penalista si è soffermato sul concetto di “monopolio delle aste” citato nella requisitoria del pm Woodcock. “Questo monopolio era cruciale per l’Ufficio di Procura poiché si stava prospettando l’archiviazione del caso. Perché proprio le aste? Perché il monopolio? Le aste erano e rimangono la linfa vitale e la prova fondamentale per ravvivare un procedimento che sembrava già concluso. Riguardo alle aste, una conversazione tra Pasquale Galdieri e Damiano Genovese metterebbe in evidenza la presunta volontà di Galdieri di monitorare l’attività di Livia Forte. Per permettere ciò, aveva incaricato proprio Damiano Genovese, dicendogli: “Metti un orecchio a terra!”. Questo è stato sufficiente per giustificare, in questo processo, l’accusa di “controllo monopolistico delle aste”. Parliamo di 12 aste in vari anni, con Nicola Galdieri coinvolto in una sola asta e Pasquale Galdieri che non risponde di nessuna asta. Le aste, con l’entrata stabile del clan, sono state e continuano ad essere cruciali per risvegliare un procedimento che sembrava ormai spento; questo è tutto”.

Altra questione affrontata in aula è quella sollevata dal pubblico ministero della Dda per gli imputati Antonio Barone e Gianluca Formisano, avanzata nella precedente udienza e legatea ad una riqualificazione della contestazione a carico dei due imputati. Il pm antimafia woodcock ha depositato una memoria per sostenere che non ci sarebbe nessuna violazione e la richiesta poteva essere accolta dal Tribunale. Non la pensano così invece i difensori. A partire da Claudio Botti, avvocato di Barone: “Noi riteniamo che il Tribunale dia lettura del capo di imputazione, in qualità di concorrenti esterni fornivano uno stabile rilevante contributo. Il pm se aveva questo tipo di perplessità avrebbe dovuto procedere proponendo un capo di imputazione diverso, dal quale sarebbero scaturiti anche diritti da parte delle difese. Abbiamo diritto ad impostare un processo che abbia una modifica sostanziale. Insisto nella non adesione della richiesta del pm e il Tribunale dovrebbe rimettere gli atti alla Procura per la modifica del capo di imputazione”. Dello stesso avviso anche l’avvocato Caterina Migliaccio, anche lei nel collegio difensivo di Barone e Carlo Taormina difensore di Gianluca Formisano.

Per il pm della Dda i due, da “concorrenti esterni” devono esssere considerati “partecipi al clan delle aste giudiziarie condizionate”. Sul punto il tribunale di Avellino si è riservato.

Si torna in aula il 12 aprile quando discuteranno gli avvocati Carlo Taormina per l’imputato Gianluca Formisano e l’avvocato Benedetto De Maio per l’imputato Antonio Flammia. La sentenza è prevista per il 3 maggio.