Auguri Santo Padre, l’abbraccio dell’Irpinia

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Ci sono giorni importanti che è giusto sottolineare e, oggi è senz’altro uno di questi: festeggia il suo compleanno Papa Francesco, nato a Flores, un quartiere di Buenos Aires, ottantatré anni fa. Valorizzare questo giorno significa rafforzare la gioia di avere un Papa così carismatico.

Un Pontefice che continua a conquistare fedeli e non credenti con i suoi gesti infiniti, con i suoi messaggi sui social, di pace e di unione tra i popoli. Sì, ha ottantatre anni, portati bene, e bisogna ringraziare Dio per avercelo mandato come un prezioso faro che ci guida nelle tempeste della vita. Ebbene, fin dalla sua prima apparizione pubblica, su Piazza San Pietro, la sera della sua elezione (13 marzo 2013), egli ci ha invitato, e continua a farlo, a compiere il gesto di pregare: quello che racchiude tutta la forza di essere cristiani.

Sono certa che anche in questo giorno lui (che non ama essere celebrato e che anche nelle ore del suo genetliaco si dedicherà alle consuete occupazioni) starà pregando per noi: pensando ai mali che attanagliano questo periodo drammatico della storia. Starà pregando per chi non riesce a salvare dalla guerra i propri figli, per il sangue innocente versato. Starà pregando per i terremotati, per chi è malato, per chi è solo. Per chi non sa scegliere la strada giusta da seguire. Starà pregando, come fa tutti i giorni, per chi ha fame, per i poveri. Questi ultimi presenti già nella scelta di chiamarsi Francesco, come egli stesso sottolineò all’inizio del suo pontificato, scegliendo di portare il nome di San Francesco perché rappresenta “l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato”. Ecco: lui ci insegna che Dio non ci abbandona; ci educa alla misericordia e al rigenerarsi nella preghiera per essere migliori nel modo di pensare, nel modo di amare e nel modo di agire.

Come vorrei che in questo giorno, già calato nelle festività del Natale, imparassimo tutti a pregare e di conseguenza a perdonare, a metterci da parte per apprezzare l’altro, il mondo in cui abitiamo, e ad amare la bellezza della natura che abbiamo davanti ai nostri occhi. Sarebbe il regalo più bello per il Santo Padre, e per noi tutti. Abbiamo tutti il dovere di costruire un futuro di bene “Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi. Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio. La storia della propria amicizia con Dio si sviluppa sempre in uno spazio geografico che diventa un segno molto personale, e ognuno di noi conserva nella memoria luoghi il cui ricordo gli fa tanto bene (Laudato Sì’)”.

Quel bene che, in Papa Francesco, è anche amore per la poesia. Cioè in definitiva ricerca interiore, rinnovamento, gioia, gusto per il bello, lode al cielo per la creatività umana. Come potrei non riportare, qui, la sua suggestiva riflessione al Consiglio d’Europa (Strasburgo, 25 novembre 2014), quando citò Clemente Rebora, il poeta innamorato di Cristo crocifisso, con il suggestivo verso: “Vibra nel vento con tutte le sue foglie”. Il  pioppo del poeta diventa segno di speranza e simbolo di quella forza che ci spinge ad andare avanti: quello che Rebora stesso vede da un letto di ospedale come una promessa di luce. Ci sono anche altri poeti che il Papa ama, tra questi, Dante Alighieri, Alessandro Manzoni, Jorge Luis Borges, José Hernández, Octavio Paz, Johann Christian Friedrich Hölderlin.

A questo punto, proprio riflettendo sulla preghiera, sulla poesia, sulla natura e sugli alberi, il mio pensiero non può non andare a ciò che contraddistingue la mia terra, l’Irpinia, laddove gli alberi caratterizzano la geografia collinare. Una terra “verde e cosmica” che racchiude, ancora, il dolore del sisma del 1980. Una terra di grande spiritualità, conosciuta come meta di pellegrinaggio e ricca di antiche testimonianze religiose. Che gioia sarebbe se un giorno, il Papa, decidesse di visitarla. Santità, oso rivolgermi direttamente a Lei con un invito umile e pressante allo stesso tempo. Venga a vedere da vicino la nostra piccola grande “perfieria”. Sono sicura che nei nostri paesaggi montuosi Lei potrà trovare la plastica riproduzione dal vivo di quanto ha scritto in un passaggio della sua bellissima lettera sul presepe: “Quanta emozione dovrebbe accompagnarci mentre collochiamo nel presepe le montagne, i ruscelli, le pecore e i pastori! In questo modo ricordiamo, come avevano preannunciato i profeti, che tutto il creato partecipa alla festa della venuta del Messia”. La salutiamo con questa speranza e con i versi, a Lei cari, di Octavio Paz: “Sono uomo: duro poco ed enorme è la notte. / Ma guardo in alto: le stelle scrivono. / Senza capire comprendo: anch’io sono scrittura / e in questo stesso istante qualcuno mi sta decifrando”. Auguri, Santo Padre. Ad multos annos!

di Antonietta Gnerre