Campagna elettorale al giro di boa, il rebus del voto disgiunto

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Ultimi giorni decisivi di campagna elettorale, si entra nel vivo della competizione, ad Avellino e negli altri venti comuni irpini impegnati nel rinnovo delle amministrazioni. Le maggiori difficoltà si potrebbero verificare nel sistema di voto nella città capoluogo. Vediamo di comprendere meglio il meccanismo, viste le tante sollecitazioni che stanno arrivando dai cittadini. In Italia il voto disgiunto è ammesso per le elezioni regionali e, nell’ambito delle elezioni amministrative, per quelle comunali nei Comuni superiori ai 15.000 abitanti. Non è ammesso nelle elezioni provinciali.
Ogni lista elettorale presenta un proprio candidato alla presidenza della Regione (più liste possono condividere lo stesso candidato) o alla carica di sindaco. L’elettore può esprimere due voti sulla stessa scheda: uno per una lista (al quale può aggiungere un voto di preferenza) e uno per un candidato presidente o sindaco, che può anche far capo a una lista diversa.
Oggi per le elezioni comunali si possono aggiungere anche due voti di preferenza sulla lista, uno per ogni genere (uomo/donna/). Non per due uomini o per due donne. Si può votare ancora anche solo per un Consigliere. Questi voti così espressi (alla lista ed ai consiglieri), vanno automaticamente al candidato sindaco. Il voto disgiunto consiste invece nel votare per una lista (un simbolo), magari esprimendo anche le preferenze, senza votare il sindaco collegato. In sostanza – nei Comuni con più di 15 mila abitanti – si dà all’elettore la possibilità di scegliere un candidato sindaco (tracciando un segno sul rettangolo del suo nome) ma anche contemporaneamente una lista che al candidato non è collegata (si deve tracciare un altro segno sul relativo contrassegno). Il voto così espresso viene attribuito sia al candidato alla carica di sindaco sia alla lista non collegata prescelta. In questo modo appunto i voti vanno da una parte (alla lista ed al consigliere) e contemporaneamente anche al sindaco antagonista.