Cassese stana il governo senza vigilanza

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Di fronte  all’odierno marasma politico, in particolare governativo-  metafora di quello che, per un generale declino organico, porta di solito al collasso, ci viene da dire una celebre  frase attribuita al Renzo manzoniano, soprafatto dagli eventi- “non si sa più quel che si dica”.  Purtroppo qui ad essere sopraffatto è il Paese, smarrito, disorientato, in affanno per una permanente, non più sostenibile rissosità,  all’interno di una para- maggioranza, una parodia di governo, portato a improvvisare,  a continui travestimenti per  tirare a campare.     Secondo un canovaccio, tipico da avanspettacolo, non da Palazzo Chigi . Per capire la delicatezza, il rispetto dovuti a taluni  presidi istituzionali, giova ricordare, che, una volta,  alcuni “economisti”, senza computer e altre diavolerie tecnologiche, tenevano a ricordare che bastava uno starnuto di un capo di Stato,  un lieve raffreddore di un primo ministro per allertare le Borse. Oggi siamo alle “torte in faccia”. Meglio forse sarebbe dire, per la sfacciataggine di alcuni protagonisti,  “a pesci  in faccia”,  e si tira avanti,  infischiandosene della febbre da cavallo dello “spread” e di tutto ciò che di negativo tocca subirne a contribuenti,  risparmiatori,  imprese,  all’intero sistema Paese, con perdite per miliardi. Anzi li si irride. Mentre  tutto pareva sempre più gelarsi in un clima di rinfacci e di accuse da piatta assuefazione, sempre molto cauti nel non sfiorare alcuni palazzi, finalmente è arrivato un rigoroso e atteso, “do di petto”, che può aprire un serio contenzioso su un governo inetto e balzano.  Anche se la denuncia, a firma di Sabino Cassese- illustre conterraneo,  giurista sovrano,  emerito consigliere della Corte Costituzionale-  contenuta  nel corpo di un lungo articolo di fondo, apparso sul “Corriere della Sera” di lunedì scorso, non figurava nel titolo “Il bilancio di un anno” , essa ha bucato lo stesso, per la sua autorevolezza, i silenzi complici, le sordide neghittosità istituzionali. Cassese ha scritto : “Il  Parlamento è controllato  dalla Consulta……”. E subito dopo, alzando il tito con un “chi” interrogante : “Ma chi tiene d’occhio il Governo , che è l’organo motore della nostra Costituzione? Chi vigila?  Si sente ora l’assenza di un organo di equilibrio e correzione, un organo che possa ricordare che il Presidente del Consiglio dei ministri “dirige  la politica generale del Governo e ne è responsabile ( articolo 95 della Costituzione ), non media  tra  i ministri ; che i ministri sono a capo delle amministrazioni e debbono compiere il proprio dovere di amministratori, non andare  in giro a fare  dichiarazione…  a imbracciare il mitra..” E altro ancora da fare, lo aggiungiamo noi : interdire   un vice premier, che afferma di aver debellato la povertà, facendola passare come una “epidemia di brucellosi”.  Ora un discorso è se certe cose le scriva un notista parlamentare, che racconta  taluni critici momenti istituzionali, anche stati d’animo, senza obbligati approfondimenti dottrinari; altro è il discorso, se a farlo  è un emerito  giudice costituzionale , collega del Capo dello Stato.  Siamo tra il monito e il biasimo. Un governo così,  senza regole e  senza vigilanza, certo che può durare; il problema,  con il caos Giallo-verde,  è che il Paese non possa durare. Abbiamo appena finito di celebrare  i settant’anni della Costituzione ,  in scuole, piazze, cortili e arene, dovunque,  di sentire che “è la più bella e invidiata al mondo, per la sua perfezione”,  per accorgerci oggi che il governo- “organo motore della Costituzione”, può fare quello che si vuole senza meritarsi un cartellino rosso, sinceramente  sconcerta.  Le parole di Cassese pesano troppo,  per non averle sentite echeggiare, anche nel “faccia a faccia” di ieri tra Mattarella e Conte.

di Aldo De Francesco