Corriere dell'Irpinia

Cattolici, quei valori dimenticati

Per l’ennesima volta, anche nel corso d dell’attuale campagna elettorale, riaffiora l’amarezza nell’animo di non pochi cittadini cristiani per l’annosa insignificanza della sempre auspicata presenza cattolica nell’agone dell’impegno politico.

Amarezza, ancora più stringente, se si avverte nei pronunciamenti programmatici dei candidata regionali, la mancanza totale di ogni riferimento alla ricostruzione di un tessuto comunitario basato sulla centralità della persona, ispirato ai postulati della dottrina sociale della Chiesa.

Nel novero di questi distratti candidati si nota una stragrande presenza di sedicenti cristiani, autoproclamatisi tali solo per carpire il voto degli elettori cattolici. In sostanza viene totalmente ignorato il corposo dibattito in atto sulla centralita’ del rapporto tra la religione e politica, nel cambio d’epoca in cui siamo immersi e nella evid ente fragilita’ degli assetti economici, finanziari e sociali che la pandemia globale, ancora in espansione, ci ha riproposto.

Eppure, specialmente in Italia, il cattolicesimo, almeno quello proclamato continuamente, rappresenta una identità consistente all’interno della società liquida in cui viviamo può costituire un argine efficace e credibile contro la deriva della democrazia da più parte avvertita.

E’, altresì abbastanza diffuso il convincimento che nel magistero sociale della Chiesa vi siano precisi elementi capaci di tracciare e costruire i contorni di una nuova dimensione sociale ed economica: penso immediatamente all’enciclica di Papa Francesco “ Laudato si’”.

L’aspetto significativo di questo magistero è che interpella tutti, credenti e non credenti in cammino sulle vie di un pianeta violentato dalla insensatezza dell’uomo contemporaneo. E’ un magistero non autoreferenziale, ma capace di offrire uno sguardo lungo, un cammino progettuale partendo dalle emergenze scientifiche evidenziate con chiarezza, ravvisando l’urgenza di rimedi ancora possibili. E’ un magistero che si radica in un mondo fragile dove l’egoismo senza limiti di pochi , sempre assetati da nuovi traguardi finanziari, rischia di sottovalutare i tanti rischi sempre presenti dietro l’angolo degli eventi non previsti.

Di contro è assurdo constatare che anche chi è convinto che la radice cristiana della storia e delle comunità abbia ancora molto da dire non ritiene prioritario un coordinato progetto di formazione sociopolitica per una nuova classe dirigente preparata, attiva e responsabile.

E’ auspicabile la messa in cantiere di uno sguardo progettuale con concreti radicamenti nel mondo dell’impresa, della ricerca, delle professioni, del sociale e di tutti gli snodi esistenziali della vita comunitaria senza escludere nessuno. Uno sguardo che generi crescita integrale e consapevolezza civile e comunitaria. Frattanto è doveroso non nasconderci le difficoltà del cammino delineato, cammino non facile ne’ breve. E’ uno sforzo che passa per la promozione di una politica capace di interagire con la cultura, con la capacita’ di ascolto da troppo tempo smarrita.

Cultura e politica che generano nuovo impegno e nuova responsabilità a partire dai bisogni quotidiani della gente sfiduciata; impegno e responsabilità che dovrebbero consentire di parlare con chiarezza ai cittadini, affrancandosi dall’ossessione di raccogliere, sempre e comunque, istanze “risarcitorie” non piu’ ipotizzabili oltre il periodo emergenziale : è follia ritenere che la ricerca del consenso possa derivare da prassi pensabili solo nel breve periodo.

La campagna elettorale in corso di svolgimento costituisce una occasione preziosa per chiedere il consenso nella cornice concettuale, programmatica e valoriale sommessamente delineata. I cattolici, ancora sparsi lungo un pendio che non intravede la vetta da rag giungere, dovrebbero sollecitare un dibattito tra i candidati, nonostante le limitazioni e la paure pandemiche del momento attuale.

di Gerardo Salvatore

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