Centristi tra Gentiloni e Alfano? 

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Mentre il leader di alternativa popolare Alfano è corteggiatissimo perché ritenuto possibile arbitro per la vittoria alle regionali siciliane, un altro e più probabile esponente di un centrismo – stavolta maggioritario – si va affermando nel Paese. Gentiloni infatti potrebbe porsi, a distanza, come leader di riferimento delle componenti moderate. Fino a riproporre l’antico dilemma se il moderatismo sia una forza “di” governo o un modo di essere “al” governo.

In Sicilia, per una sottile vendetta della storia e in un contesto politico diversissimo, proprio ai centristi è toccato rispolverare quell’antica rendita di posizione una volta rimproverata al Psi. Chissà, tuttavia, se agli alfaniani basterà una collocazione nello schieramento guidato dal Pd a garantire il sol dell’avvenire, considerate le loro divisioni interne e le proporzioni non di prima grandezza, ulteriormente minacciate da ulteriori abbandoni!

Infine, le numerose specificità del caso-Sicilia (dissoluzione dei partiti, esasperazioni clientelari, particolari difficoltà economiche in molte aree) difficilmente potranno farne quella sorta di traino politico spesso immaginata dai partiti tradizionali. In questo contesto, non sarà facile per Ap riuscire a far dimenticare tutte le sue contraddizioni. La sua nascita da una costola di FI con posti garantiti nell’esecutivo a suoi esponenti, alleati con il Pd. La sua permanenza in maggioranze variabili, dal governo con il Pd all’alleanza con il centro-destra ad esempio in Lombardia. La pessima opera del suo leader come ministro dell’Interno, dal clamoroso caso della “deportazione” della famiglia del dissidente kazaco Shalabayev alla fallimentare gestione del problema-migranti. Infine, le perplessità di una parte del suo elettorato moderato rispetto a una rinnovata alleanza con il Pd.

La vera e propria consacrazione come leader alternativo all’uomo solo al comando ricevuta da Gentiloni a Rimini al meeting di Comunione e LIberazione può essere ritenuta emblematica dell’atteggiamento di una cospicua parte della classe dirigente del Paese, stanca ormai di una atmosfera di guerriglia politica permanente e di mirabolanti promesse non mantenute. Desiderosa, invece, di programmi realizzabili, come quello delineato dal premier, fondato su un impegno economico-sociale (di impronta cattolica) e concentrato sul lavoro dei giovani. Proprio a Rimini la citazione, da parte del premier, di ZygmuntBauman che esalta “i tentativi di negoziazione” e la “capacità di ascoltare l’altro”, è apparsa una sorta di manifesto di riferimento per quanti, al di là delle etichette, vedrebbero con favore un nuovo centro.

Anche la rivendicazione dell’Italia come Paese rispettoso delle differenze ma osservante delle regole (sull’Europa, sui migranti, ecc) appare una vera e propria linea strategica dell’esecutivo e del premier, che da tempo non appare più come il semplice esecutore della volontà o prosecutore dell’opera di Renzi. La considerazione riscossa da Gentiloni in molti ambienti, tuttavia, se da un lato ne fa una possibile figura in crescita, non rende certo il quadro generale meno complicato. I renziani lo vedono come un possibile concorrente del loro leader, in una prospettiva resa più labile dalle incertezze sulla legge elettorale e da un voto con un sistema sostanzialmente proporzionale. Le probabilità di un ritorno al potere di una personalità divisiva come Renzi sarebbero in questo caso in netta diminuzione, soprattutto per il ruolo maggiore che, con il proporzionale, finiscono per assumere le scelte del Capo dello Stato relative all’incarico per il governo. Per giunta Mattarella, culturalmente e politicamente, è apparso in più occasioni in poca sintonia con le analisi frettolose, le decisioni improvvise e i modi tranchant del segretario Pd. E allora, mentre il possibile leader moderato cerca le sue forze di riferimento, è facile aspettarsi un itinerario autunnale ancora più denso di diffidenze, di trabocchetti e perciò di incognite politiche!

di Erio Matteo edito dal Quotidiano del Sud