Corriere dell'Irpinia

C’era una volta un Teatro

 

Non posso crederci: il teatro Carlo Gesualdo viene messo in liquidazione. E’ uno schiaffo alla città, alla sua cultura, alle sue tradizioni e alla sua voglia di futuro. Domani in Consiglio comunale Paolo Foti celebrerà i funerali dell’Istituzione. Si consuma così una delle pagine più tristi per l’Irpinia e la città. A tanto si è giunti per un Grande Imbroglio. Generato da famelici appetiti per mettere le mani sul teatro. Ma anche per una palese incapacità di far quadrare i conti della gestione dell’ex presidente Cipriano. Oggi nei panni di vittima e carnefice. Vittima perché nessuno è stato in grado, fino ad ora, di dimostrare eventuali sue responsabilità. Carnefice perché egli, secondo i detrattori, avrebbe fatto uso del teatro per sue eventuali mire politiche. Messe insieme le due cose hanno consentito a mani inesperte, consulenti e funzionari diversi, di far esplodere il botto. Il “Gesualdo” era il solo fiore all’occhiello nella città del dopoterremoto. Quella malanotte ci aveva regalato lo spreco di un Mercatone, diventato monumento all’ignavia e tuttavia idrovora di fondi per fini mai raggiunti. Non solo. Nel lungo elenco della città ferita c’è un simbolo di identità, la Dogana, che nel suo spettrale silenzio, denuncia l’inefficienza di un governo cittadino che marcia contro ogni dimensione di civiltà. Già. Anche la strada a scorrimento veloce, la Bonatti, rientra nei misteri irrisolti delle opere cittadine. Aperta a metà, da anni non si riesce a completare il cantiere. Come per piazza Libertà, martoriata da anni da un progetto che ha subito numerose varianti e che oggi presenta un cubo al suo centro, costruito sotto gli occhi di una soprintendenza a dir poco disattenta. E il tunnel? Che scempio, che spreco, che affare per chi vi ha interesse. E poi: per stare al disagio delle quotidianità, che dire delle pessime condizioni delle strade urbane, trasformate in decine di crateri con tutte le conseguenze che questi comportano. A cominciare dal contenzioso legale per le denunce degli utenti per finire con il clientelismo rappresentato dal circuito dei legali. L’amara vicenda della liquidazione del teatro Gesualdo fa parte della palese disamministrazione di un governo cittadino che per evitare un voto negativo sul bilancio comunale, e il conseguente scioglimento del Consiglio, falsa la realtà separando i conti dell’Istituzione di piazza Castello da quelli del Comune. Insomma liquidando il “Gesualdo” si corre il rischio di truccare un documento contabile che a ragion di logica trasformerebbe il teatro in una sorta di figlio di nessuno. Mi chiedo: è possibile tutto ciò o, come è accaduto in questi giorni, ci potrebbero essere nuovi avvisi di garanzia da parte della Procura della Repubblica o fascicoli aperti dalla Corte dei Conti che già ha attenzionato la gestione del Massimo avellinese? C’è, inoltre, un interrogativo che pesa come un macigno sul futuro del teatro. Dopo la messa in liquidazione che cosa accadrà? Che fine farà il personale che lo ha mantenuto in vita a costo di inenarrabili sacrifici? Un dubbio: il “Gesualdo” sarà forse dato in gestione a imprenditori esterni? Si farà un bando pubblico? Oppure il Massimo avellinese entrerà a far parte di una Fondazione che , come si sente dire, raggrupperà, oltre al teatro anche la Casina del Proincio, l’ex Eliseo, Villa Amendola e l’Università della terza età? E con quali fondi visto che la crisi di liquidità di piazza del Popolo è prossima al dissesto? Voglio sperare che il sindaco, evitando di arrossire di vergogna nel celebrare il funerale del Gesualdo, voglia dare le opportune spiegazioni in Consiglio comunale e assumersi le dovute responsabilità. Che certo fanno capo su di lui, ma anche su un partito, il Pd, sempre più colpevole dell’abbandono e dello stato di degrado della città. Un partito che si lacera, è balcanizzato, che agisce secondo le regole dei clan e non in direzione del bene comune. Il Teatro, come l’intero quadro desolante del capoluogo dell’Irpinia, è lo specchio di una realtà politica senza classe dirigente, animata da interessi speculativi e pronta ad aprirsi a nuovi trasformismi. Resistere nel male è la volontà di un governo che, lontano da ogni istanza di dignità, consuma il tempo del mandato consiliare offrendo uno spettacolo indecente. Ciò è possibile soprattutto perchè la città, i suoi abitanti, si sono piegati alla sfiducia, rispondendo con una malefica rassegnazione agli schiaffi che quasi sadicamente vengono consegnati. Come quello dato al teatro Gesualdo. Davvero non ci posso credere.

edito dal Quotidiano del Sud

di Gianni Festa

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