Oggi si va al voto. Dice Renzi: «Non è contro il governo ». La sua sembra essere legittima difesa. Sa bene il premier che i riflessi che potrebbero scaturire da un ridimensionamento del Pd, in particolare nella grandi città, potrebbero dare vita ad una ennesima stagione di veleni. Non solo. Accentuerebbe la già rovente polemica sul voto referendario di ottobre per la riforma della Costituzione. Non a caso il Matteo fiorentino si è speso oltre misura in questa campagna elettorale, nel tentativo di mantenere saldo il consenso per il partito Democratico. Il suo non è un compito facile. I risultati sin qui raggiunti dal suo governo non sono entusiasmanti. Troppi annunci, tante le smentite dai dati statistici che disegnano il drammatico quadro della realtà. Dal fallimento dei voucher, per effetto del job act, all’emergenza disoccupazione, fino all’acuirsi delle distanze nel rapporto Nord-Sud. E poi la grande attenzione nei confronti della banche che gli hanno procurato non poche antipatie. E, a tutto questo, si aggiunge il suo sottile ricatto sul voto referendario: «Se vince il no vado a casa». Quasi che la modifica di parte della Costituzione fosse un capriccio e non, come dovrebbe essere, una questione fondante per snellire le procedure appesantite dal tempo di una Carta che ha garantito per oltre mezzo secolo democrazia e libertà. Certo, la complessità dell’argomento referendario fa registrare valutazioni contraddittorie e non sempre coerenti. Si pensi al ribaltamento del pensiero di Giorgio Napolitano e di Roberto Benigni, oltre a decine di costituzionalisti che ieri denunciavano tentativi di colpi di mano, in caso di modifica costituzionale non condivisa, e oggi salgono sulla carretta del potere in cerca di procurarsi maggiore attenzione. In realtà, anche il dibattito in corso è riduttivo. Nel senso che esso non spiega compiutamente le ragioni del “sì” o del ”no”, ma si consuma spesso in una preoccupazione politica che riguarda il futuro del premier. Ciò è anche conseguenza dell’assenza del pensiero politico, della capacità di mediazione che rende superabili gli ostacoli e, soprattutto, dalla latitanza di partiti degni di questo nome, capaci di fare sintesi, emarginando convenienza e opportunismo. Non v’è dubbio che parte della Costituzione ha bisogno di un restyling, ma ciò non può avvenire “impacchettando” valori che sono il frutto di una approfondita ricerca e analisi dei padri costituenti. Occorre riflettere argomento per argomento e valutare sulla necessità di apportare modifiche. Altrimenti l’out-out del premier appare solo una preoccupazione del premier con tutti i rischi per la democrazia del nostro Paese. Che egli, a parole, almeno sino ad ora, vuole cambiare. E’ prevedibile, quindi, che il voto amministrativo nelle grandi realtà possa risentire anche di questa preoccupazione.
Anche in Campania i cittadini elettori di ben quattro capoluoghi di provincia sono chiamati alle urne per la elezione dei sindaci e dei Consigli comunali. Molto atteso è il risultato di Napoli. La competizione elettorale ha risentito non poco di confusione e di una preoccupante tendenza verso il qualunquismo. La esclusione di Antonio Bassolino dalla competizione, anche per effetto di probabili brogli nelle primarie, ha reso nebuloso il ruolo del Pd. La frammentazione nel centro destra non ha aiutato la candidatura di Lettieri. I Cinquestelle, anche per effetto della sconfessione del sindaco di Quarto, hanno perso parte del vento che, come per le regionali, avrebbe potuto dare forza alle vele. Anche per il sindaco uscente è difficile ogni previsione. E dunque appare complesso prevedere anche chi sarà premiato per il ballottaggio. Il premier Renzi si è mostrato preoccupato. In questi ultimi due mesi le sue visite, e le sua promesse, a Napoli sono state rilevanti. Da Napoli a Caserta a Salerno, tra l’annuncio della bonifica di Bagnoli (“la più grande scommessa nel Mezzogiorno”), il sostegno alla Reggia di Caserta non distate dalla terra una volta Campania Felix e oggi Terra dei fuochi, e l’inaugurazione della stazione nel porto turistico salernitano, Renzi si è speso non poco. In realtà, tagliati i nastri delle inaugurazioni il premier non sembra abbia convinto i cittadini che oggi appaiono ancora scettici per il ruolo della metropoli campana nel Mezzogiorno. Non diversamente, ma stavolta senza potere, è avvenuto per il ruolo svolto da Silvio Berlusconi. Sarà il dato dell’adesione alle urne a dare una spiegazione sulla temuta distanza del cittadino dal voto. Fermo restando che è gravissimo errore non partecipare, perché ciò significherebbe consegnare una delega in bianco a quei poteri che hanno tutto l’interesse a gestire la realtà. Mentre a Salerno il governatore della Campania ha fatto sentire il peso del suo ruolo, con interventi sostanziosi, specie nel capoluogo e nel Cilento, molto atteso è anche il risultato del voto sannita dove tra i candidati a sindaco c’è l’ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che seguendo l’esempio del suo leader, Ciriaco de Mita, del quale ha il sostegno, intende ritagliarsi uno spazio di governo nella sua realtà territoriale.
Il voto di oggi interessa anche la nostra provincia, l’Irpinia. I cittadini di 31 comuni dovrebbero recarsi alle urne. La campagna elettorale partita in sordina si è impennata nelle ultime due settimane. Con alcune particolarità. Sono scomparsi dovunque i simboli dei partiti, facendo avanzare prepotentemente le liste civiche. Segno evidente della crisi della politica e delle forze chiamate a renderla efficace. In alcuni Comuni la lotta è stata serrata. In particolare a Lioni e a Monteforte. Si potrebbe dire, recuperando dalla memoria un tempo passato, che qui si sono registrate alleanze anomale, con il matrimonio tra il Pd e Udc. O meglio tra Ciriaco De Mita, indomito ed instancabile protagonista delle campagne elettorali e la presidente del Consiglio regionale della Campania, Rosetta D’Amelio. Le interpretazioni su questa alleanza sono le più diverse. Si va dalla suggestione che l’anziano leader dell’Alta Irpinia ha sempre suscitato sulla D’Amelio, fino ad un progetto che possa far prefigurare un trasferimento dell’ex presidente del Consiglio nel futuro del Pd irpino. In questo ultimo caso il ruolo della D’Amelio sarebbe quello del cavallo di Troia. C’è però un’ipotesi che da qualche tempo sembra arrovellare la mente del sindaco di Nusco. Recuperare, partendo dall’Irpinia e dalla Campania, il ruolo dei Popolari in Italia. Questa convinzione nascerebbe dal fatto che, andato in frantumi il centrodestra, ridimensionato il ruolo del la sinistra, oggi fortemente divisa tra le fughe estremiste e le delusioni per il Pd di Renzi, rimane ancora accesa la fiammella di un centro senza casa e senza politica. Questa strategia, se pure spiegata con molta fretta, è emersa nei discorsi del leader democristiano in questo turno elettorale amministrativo, trovando consensi ma anche non poche riserve. Vedremo in futuro se ciò corrisponde alla necessità di una conservazione dinastica o se, come sembra di capire, ad un tentativo di portare il pensiero oltre l’inconsistente e pericolosa situazione politica.
Ma oggi è il giorno del voto. Ciò che vale ed, è importante, è recarsi alle urne. Non bisogna dimenticare che il cittadino è arbitro. Per non tradire questo ruolo, egli deve esprimere la sua partecipazione, depositare nelle urne le sue speranze. Solo così potrà contribuire al cambiamento o alla conferma di chi si presenta per migliorare o trasformare la propria realtà. Lamentarsi dopo è solo il segnale inquietante di un populismo che avanza terribilmente, generando disaffezione e creando spazi per un individualismo pericoloso per la tenuta della democrazia.
edito dal Quotidiano del Sud
di Gianni Festa