Concerto pianistico a Gesualdo

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Il  Quattro Settembre, a Gesualdo, a pochi minuti dall’inizio del concerto di  ‘musica romantica’, come ogni altra sera si è potuto assistere al roseo ‘calar del sole’ tra il massiccio della ‘ Bella Dormiente del Sannio’ e il ‘Gigante addormentato’ irpino. Due innamorati adagiati assieme dalla notte dei tempi sotto la Dorsale Appenninica…!

….E’ ormai ora di addentrarsi nell’orrorosa dimora del famoso madrigalista cinquecentesco Carlo Gesualdo, commemorato in musica da I. Stravinsky e ancora in parte da scoprire.

Nel castello, in una raccolta corte quadrangolare, un  porticato accoglie un lucente piano Yamaha.

Leggiamo il programma sul bel cartoncino d’invito, firmato dal sindaco dr. Pesiri. Presenti anche alcune altre autorità, come il sindaco, il vicesindaco e il vescovo di Avellino… Il pianista è il giovane maestro Enrico Venezia.   L’ acustica ottima del piccolo cortile non disperde il suono, e la tecnica abilissima è tutta tesa all’ interiorizzamento e all’espressività, fluendo tra i ‘pianissimo’ e volando sui ‘fortissimo’. Brani tutti molto noti, e di non facile esecuzione: una sfida , conseguente proprio alla notorietà dei pezzi. Si susseguono tre ‘Improvvisi’ di F.Schubert (op.90 n.1 ; op.142 n.2; op.90 n.3); inoltre, di R.Schumann, gli ‘Studi Sinfonici op.13′; ed infine, dopo un breve intervallo, di Chopin l’ op.58 n.3 ‘Sonata n.3’. ( Il terzo improvviso di Schubert viene eseguito nell’ardita ‘tonalità originale’, in Sol bemolle Maggiore, anziché nel facilitato Sol Maggiore. Ecco la difficoltà: ben sei bemolli in chiave contro un solo diesis per eseguire la stessa melodia con effetto di maggiore melodiosità e soprattutto vicinanza all’intenzione dell’autore).

Si è alzato, intanto, un dispettoso venticello, che però non intimorisce le gentili signore del pubblico, avvolte in confortevoli scialli e giacche leggermente imbottite… Ma il prossimo concerto del 23 Ottobre si svolgerà all’interno!

Per semplice curiosità , possiamo ricordare che nell’Ottocento le composizioni di breve durata come  Improvvisi,  Notturni,  Valzer, Romanze… , che noi ascoltiamo nelle sale da concerto, venivano suonate comunemente durante i ricevimenti, nei salotti parigini,  nelle case tedesche e austriache in stile Biedermeier… Sappiamo che però proprio per questo c’erano editori  che rifiutavano composizioni poco commercializzabili, che cioè non fossero delle ‘facili bagatelle’ per orecchie distratte (e che tale Schott respinse l’ultima fatica di Schubert, i quattro Improvvisi dell’opera 142 , che furono pubblicati postumi nel 1839 dal nostro A. Diabelli. “Se le capita di comporre qualcosa di meno difficile…”: così fu scritto nella risposta).

Schubert e Schumann sono stati grandi nella composizione! E ciò non implicava il virtuosismo al piano; anzi, si sa che Schumann, sognando di diventare uno strabiliante pianista, per migliorare la propria tecnica, avesse fasciato l’anulare assieme al dito medio, ma ahiahi! ottenendone la ‘paralisi’ del quarto dito per il resto della vita! E soffrì, suo malgrado, di un inconfessato complesso d’inferiorità verso l’amata moglie Clara, figlia del proprio maestro di musica ed ottima pianista. E inoltre, del grande Chopin, pur non restio a suonare nei salotti,  sappiamo che era terrorizzato all’idea delle sale da concerto, e che una volta, in occasione di una sfida tra sei pianoforti, cui partecipava anche F.Mendelssohn, si sarebbe accanito prima della prova a mordere un fazzoletto….!Ciò a testimonianza del poeta H. Heine presente in sala.. (Lo riferisce lo studioso Piero Rattalino nelle sue doviziose ricerche, raccolte nei due libri “Da Clementi a Pollini” e “Pianisti e fortisti”, Ricordi-Giunti). A onta del loro impaccio in pubblico, però, la musica di autori come Schubert, Schumann, Chopin, è arrivata fino a noi, perché anche i loro ritornelli  cantabili rinviano ad una meditazione sospesa e sofferta, le cui analogie melodiche, comunque variate,  esprimono stati d’animo e realtà storiche tutt’altro che insulsi. Come sottovalutare la cocente delusione d’amore giovanile di Schubert, a cui il musicista viennese reagì  con una  nascosta e sofferta omosessualità e un radicato senso di inadeguatezza, morendo di sifilide a 31 anni? E per R.Schumann, si può forse escludere che le due anime che egli stesso si riconosceva, quella passionale e quella contemplativa, (Florestano ed Eusebio, con un moderatore: Maestro Raro), siano alla radice della nevrastenia che lo portò al tentato suicidio… alla follia… allo spiritismo… a tavoli ‘parlanti’ e alla morte, a 46 anni? E Chopin non soffrì a lungo anch’egli per la tisi (visse solo 39 anni!) e non scrisse musiche intimamentemente vibranti o disperate con tutto il dolore che si portava dentro, dopo aver amato appassionatamente la scrittrice George Sand (femminista ante litteram, dallo pseudonimo non a caso maschile) e aver compianto la tragedia della Polonia occupata dai russi?  La musica, come l’arte e la letteratura, come si sa, non è di per sé causa scatenante di nevrosi, né può diventare un appagante rifugio dalla vita, ma è uno ‘specifico’,  espressione intimamente rielaborata  del bello e del brutto del vivere, individuale e storico…!

Ma ecco ora un ultimo flash sui brani eseguiti. Sospesi in una nebbia di tristezza e abbandono , tra tempi sognanti e sconforto dell’anima, gl’Improvvisi di Schubert. Più tormentati, invece,  gli Studi Sinfonici di Schumann (con un tema quasi scavato nell’anima, seguito da dodici variazioni firmate da Florestano o Eusebio: con l’ultima variazione, che emoziona per l’accresciuta grandiosità e l’incredibile virtuosismo). Drammatica e appassionata la Sonata di Chopin eseguita magistralmente dal maestro Venezia, già famosa per le interpretazioni di nomi importanti come quelli di A.Rubinstein, E.Gilels, M. Pollini, M. Argerich… Ma la musica è sempre diversa e nuova, ogni volta che la si esegue, come è diversa ogni recitazione di una poesia, ogni racconto di una storia…La sonata chopiniana, molto impegnativa e coinvolgente ,  richiede una straordinaria sicurezza tecnica e  tutta la passione e l’emotività che il testo impone. Non c’è timidezza che tenga: è il tempo dell’abbandono, della passione travolgente, del romanticismo totalizzante… tutti e ciascuno del pubblico respiriamo all’unisono e tratteniamo il fiato…Intanto, fuori dalle mura del castello,  al tramonto del sole è seguita la magia della notte e centinaia di luci si sono incastonate con uno splendore d’oro sulla Bella Dormiente e sul suo Gigante, come su tutte le catene circostanti.

Si spera che il ciclo di concerti previsto per ora fino a Natale si infittisca di manifestazioni simili e che possa essere istituzionalizzata una Fondazione con l’apporto di Comuni e Provincia.

Gina Ascolese