Contro il voto di scambio

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Si dice, talvolta, esprimendo giudizi severi sul ruolo svolto della classe dirigente politica, che c’è un solo modo per rimediare agli errori fatti: usare l’arma del voto. E’ questa la sola strada se veramente si ha intenzione di cambiare. Mi riferisco, in particolare, al cosiddetto voto responsabile che, al di là delle appartenenze di facciata, consente all’elettore, se avveduto, di contribuire alla selezione della classe dirigente del Paese evitando di compromettere la necessaria moralità, valore assoluto dell’impegno politico. Al voto responsabile si contrappone il voto di scambio. Si è detto molto su questa forma di inquinamento dell’elettorato, dura a morire. Anzi. Più si allarga lo scadimento morale della società, più aumenta la pratica della corruzione. Che, si badi bene, ha caratteristiche diverse. C’è un modo “intrigante” messo in atto dal politico che promette in caso di elezione: favori, concessioni, appalti, posti di lavoro ecc.

C’è poi un altro modo di cattura del consenso, certamente meno raffinato, che consiste nel pagamento “pronta cassa” di una quantità di euro per ogni voto. Chi non ricorda, ad esempio, il sistema laurino-napoletano della consegna di una sola scarpa con la promessa di consegnare la seconda in caso di elezione? O ancora. La mille lire tagliata a metà da ricomporre solo dopo il successo del candidato? O i pacchi di pasta ecc? Se questi metodi corruttivi erano in auge nel tempo passato, e in parte ancora lo sono, ben più gravi sono le conseguenze dell’odierno voto di scambio. Esso genera (e “legittima”) spesso la nascita dei comitati di affari che mortificano e vanificano i criteri della meritocrazia e della competenza.

A dire il vero, per evitare l’inquina – mento del consenso, il Parlamento anche recentemente si è espresso con più di una norma sanzionatoria, adottando provvedimenti severi. L’impudenza di alcuni rappresentanti del popolo ha fatto sì, visto l’andazzo delle cose, di non sortire l’effetto sperato. Eufemisticamente si fa ricorso a termini come ”impresentabili” o “liste pulite”. Di fatto trattasi solo di un esercizio verbale. E’ sufficiente sfogliare il registro generale dei reati penali di qualsiasi tribunale per rendersi conto degli aspetti criminali di alcuni personaggi politici. Essi raccontano di vicende giudiziarie legate alla cattura del voto che non sempre avviene secondo regole trasparenti.

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La premessa è necessaria per entrare nel vivo di questa campagna elettorale per le regionali che presenta non pochi lati oscuri e vede protagonisti anche alcuni soggetti la cui personalità è notevolmente discutibile. Si tratta di attori della vita politica che devono la loro notorietà a metodi spregiudicati nell’uso del potere. Che sfruttano il bisogno degli indigenti per scalare posizioni di prestigio. Sono questi ad attivare il circolo vizioso connotato dal sistema della corruzione, sull’uso privato del pubblico potere. Un sistema ambiguo e maleodorante che viene alimentato proprio dal voto di scambio. Il terreno fertile di tali personaggi è lo scadimento morale che attraversa in questa fase la nostra società. Più lo stato sociale è debole, più aumenta il bisogno e più si dà credito al populismo di costoro che succhiano il consenso. Ed è così che si spezza ogni anelito di legalità e di trasparenza. Quando ci si accorge delle vere intenzioni dell’eletto è ormai troppo tardi. Si scade allora nel qualunquismo, nella protesta che mai produce reale cambiamento.

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Nel frattempo la situazione economica dell’attore politico è cambiata. Soggetti fino a ieri poco noti si ritrovano quasi d’improvviso su importanti palcoscenici che consentono loro spesso fortune insperate. Mi chiedo: sono questi furbetti a essere meritevoli o è forse proprio l’elettore a generare questi mostri? Nel Mezzogiorno questo problema è fortemente avvertita. E’ qui che si concentra la disoccupazione, aumenta la povertà, i bisogni collettivi non trovano risposte. Ed è qui che le ambizioni di soggetti discutibili dal punto di vista della moralità fanno la parte del leone. Senza poi voler considerare che è proprio nel Mezzogiorno che le pratiche del clientelismo e del trasformismo sono ampiamente stratificate e diffuse. Ma è proprio qui che il voto responsabile assume una straordinaria urgenza.

Nell’urna il cittadino è solo con la sua coscienza. Dipende solo dalla sua libertà di espressione valutare se chi ha governato lo ha fatto nell’interesse del bene comune o, al contrario, agendo in nome e per conto di interessi inquinati. Spetta solo a lui, all’elettore, valutare se quel segno che imprime sulla scheda può condannare i responsabili di una politica che non ha risposto ai bisogni collettivi. E’ quel segno, in pratica, che può dare un giudizio sulla sanità che sta gestendo l’emergenza coronavirus: promuoverla o bocciarla se si ritiene che la crisi si stia affrontando male e con spreco di denaro pubblico. E’ quel segno che può condannare la fuga dei cervelli e invitare a ricercare adeguate risposte sul territorio di appartenenza. E ancora è con quel tratto in cabina che si può dissentire sull’immoralità dei bandi di assunzione pre-elettorali disegnati ad hoc per premiare gli amici degli amici.

Nel segreto dell’urna, tutto questo conta più dello sguardo del “guappo” che presiede il seggio e controlla un’appartenenza malata. E’ nel seggio elettorale che potrebbe e deve avvenire la più grande rivoluzione morale di un Sud che vuole riscattarsi. La “primavera del Mezzogiorno” può nascere con il voto responsabile di ciascuno. Il voto premi il merito e la competenza e non soccomba sotto il ricatto di promesse che alimentano il malaffare. Ecco la vera valenza delle elezioni, l’originaria funzione democratica, la potente arma di chi veramente non ama piangersi addosso ma rivendica il proprio valore contro l’arroganza del potere.

di Gianni Festa