Corea del Nord: la forza impotente 

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Dopo l’ultimo test missilistico della Corea del Nord con il lancio, il 28 luglio, di un missile intercontinentale che ha sorvolato il Giappone e dopo il nuovo test nucleare, il 2 settembre, con l’esplosione di una bomba all’idrogeno della potenza 10 volte superiore a quella di Hiroshima, la tensione nella regione è salita alle stelle, mentre i due diversamente squilibrati leaders, Trump e Kim Jongun, hanno ulteriormente innalzato il livello delle minacce reciproche. Minacce che si sono concretizzate da parte americana con l’intensificazione di esercitazioni militari, compresi bombardamenti ed azioni di fuoco in prossimità del confine.
Adesso si teme una nuova provocazione della Corea del Nord, che sarebbe in procinto di lanciare un nuovo missile, questa volta dalla costa occidentale, in direzione della base americana di Guam. Ad ogni provocazione della Corea del Nord, Trump risponde che la pazienza americana è finita, che quando è troppo e troppo, che l’opzione dell’attacco militare è sul tappeto. Come ha acutamente osservato Putin, aumentare la pressione militare su Pyongyang non è il sistema migliore per convincere Kim Jong-un a dismettere il proprio programma nucleare, ma può solo aprire la strada ad una catastrofe di dimensioni incalcolabili.
Il leader della Corea del Nord, per quanto squilibrato, non può dimenticare quello che è accaduto all’Iraq, eletto dagli Stati Uniti come loro nemico pubblico numero uno. Nel marzo del 2003 gli Stati Uniti hanno perso la pazienza ed hanno scatenato tutta la loro potenza di fuoco contro l’Iraq con l’obiettivo dichiarato di smantellare le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. In realtà la guerra è stata scatenata proprio perché Saddam Hussein non possedeva armi atomiche, né altre armi di distruzione di massa. Fu abbastanza semplice per Bush debellare l’Iraq, distruggendo il suo debole dispositivo militare. Soltanto in seguito ci siamo resi conto che da quella “vittoria” sono derivate conseguenze disastrose per tutti, da ultimo l’ISIS.
Per Kim Jong-un, il possesso delle armi atomiche e dei missili è l’assicurazione sulla vita che garantisce il suo regime dal pericolo di finire com’è finito Saddam Hussein o Gheddafi. A differenza dell’Iraq, con la Corea la pazienza degli Stati Uniti non si può esaurire. Il potentissimo dispositivo militare americano non può “neutralizzare” la Corea del Nord, come ebbe a fare con l’Iraq, perché un attacco americano causerebbe un conflitto nucleare dalle conseguenze incalcolabili. Ogni nuova provocazione del regime scellerato di Kim Jong-un, mette in evidenza l’impotenza della macchina militare più potente del mondo, il cui Comandante supremo (per fortuna) può soltanto abbaiare, ma non può mordere.
Preso atto dell’impotenza delle armi a risolvere la crisi coreana, possiamo tirare un sospiro di sollievo? Assolutamente no! Accrescere il confronto militare, accumulare sistemi d’arma, sfidarsi con esercitazioni militari sempre più aggressive è come introdurre tanti fiammiferi in una polveriera. Prima o poi qualche fiammifero prende fuoco e la polveriera esplode. Prima o poi qualche bomba sganciata durante un’esercitazione può sbagliare traiettoria e finire dall’altra parte, un aereo può avvicinarsi troppo al confine ed essere abbattuto, una nave militare o civile può essere silurata per sbaglio da qualche sottomarino. Può saltare fuori da qualche parte un nuovo generale Jack D. Ripper, deciso a provocare l’incidente, e la guerra può scoppiare per caso, come ci ammonisce la profezia nera dello splendido film di Stanley Kubrick, il dottor Stranamore, che adesso sta ritornando d’attualità. Non sarebbe il caso di dare ragione a Putin, una volta tanto?

 

di Domenico Gallo edito dal Quotidiano del Sud