“Così raccontiamo l’anima dei luoghi”

0
851

E’ partito dalla cripta del Duomo il progetto firmato Ttozoi

 

Catturare il non visibile che si respira in ogni luogo, facendo sì che le tracce di quello spazio diventino parte integrante delle opere. E’ l’idea da cui nasce il progetto “Anima loci” firmato Ttozoi, che vede protagonisti Stefano Forgione e Pino Rossi, due artisti avellinesi doc, ciascuno contraddistinto da una diversa formazione e sensibilità, il primo architetto, il secondo pittore da sempre ma con una laurea in economia. E’ lo stesso Pino Rossi a sottolineare come “Abbiamo voluto fortemente che il progetto “Anima loci” realizzato in collaborazione con la società Wacecom partisse da Avellino, la nostra città natale. Quando abbiamo ricevuto la proposta legata al Maggio nei monumenti non abbiamo esitato un istante e ci è sembrato che la cripta del Duomo fosse perfetta per la realizzazione delle nostre opere. “Anima loci” è un omaggio alla nostra città e al tempo stesso un modo per sottolineare come, malgrado la nostra arte ci abbia portato a calcare palcoscenici internazionali, non dimentichiamo le nostre origini e rivendichiamo con forza il nostro essere irpini”. Ttozoi, il nome d’arte dei due artisti, è un richiamo giocoso agli spermatozoi, nella doppia T c’è la volontà di conquistare la parte femminile dell’arte rappresentata dalla tela, così da dare vita a un nuovo essere.
Sono trascorsi anni da quando con la loro tecnica suscitarono l’interesse internazionale, da allora sono approdati a Honk Kong, Los Angeles, fino a Tokyo dove hanno proposto le loro opere al Metropolitan Museum con “Latitude 36-40”. E il progetto “Animus Loci” li porterà nei prossimi mesi in circuiti internazionali. “L’idea – spiega Rossi – è quella di una vera mappatura dei luoghi di interesse storico artistico di tutto il mondo, trasformandole in cornici in cui realizzare le nostre opere. Quella che diventa anche l’occasione per valorizzare questi spazi. Il progetto è nato dalla constatazione dei risultati estetici sempre diversi che scaturivano da installazioni realizzate in luoghi differenti. Ci siamo resi conto che nell’opera entravano con forza fattori molteplici legati al contesto, producendo delle vere e proprie contaminazioni artistiche. Di qui la scommessa di portare le nostre opere in luoghi simbolo della storia nazionale e non solo”. L’inaugurazione di sabato sera ha già conquistato tutti, grazie ai bianchi e marroni che campeggiano nelle tele, dodici in tutto, tra queste anche tre opere di arte sacra. A prendere parte all’inaugurazione Modestino Picariello, direttore dell’Ufficio beni culturali della diocesi, Marino Nardiello, sempre in rappresentanza della diocesi e la professoressa Cornela Bujin della Wacecom. “Abbiamo avuto l’impressione di riuscire a mettere in queste opere anche il silenzio di questi marmi, si crea sempre un rapporto empatico con i luoghi. Il risultato è rappresentato da opere uniche e irripetibili – prosegue Rossi”. Quindi spiega come nel caso delle opere di arte sacra “Siamo partiti da un fondo di tela completamente lavorato dal fenomeno naturale, dalle tracce che lasciano le muffe, dalla memoria del processo che resta sulla tela, tra chiaroscuri e screpolature. Abbiamo reinterprato a modo nostro la Vergine Annunciata di Antonella da Messina, la Crocifissione di Guido Reni, la Pietà di Massimo Stanzione, un percorso che va dall’annunciazione alla sofferenza della morte del cristo, una rilettura affidata alla nostra personale tavolozza”. Spiega come al centro della loro arte ci sia la vita “il fenomeno naturale è il cuore della nostra idea artistica. La tela viene messa in una teca di plexiper circa quindici giorni, il tempo necessario perchè nasca la muffa. La lasciamo crescere fino a piacimento per finalmente fissare l’opera e proteggerla con sette passaggi di resine trasparenti. Quest’intante è magico come una nascita perchè non si può rappresentare anticipatamente il risultato visivo ed espressivo finale. Così accade che operiamo per sottrazione, dipingendo lo sfondo, fino a scarnificare le figure”. Sottolinea come l’idea di portare le muffe nella tela sia nata dall’interesse di entrambi per l’arte informale, dalla volontà di mettere in discussione codici e canoni. Nell’arte informale l’obiettivo è quello di eliminare il gesto della creazione artistica, facendo sì che tutto accada spontaneamente sulla tela, una sfida impossibile se è vero che la soggettività dell’artista entra sempre nell’opera. Di qui l’idea di ricorrere alla natura alle muffe, ad elementi organici che nascono e crescono sulla tela, così da rendere assolutamente imprevedibili gli esiti dell’opera artistica”. Un processo che si carica di un valore simbolico forte, come si legge nelle parole manifesto dei TTozoi “Ciò che, per assunzione primigenia, dovrebbe essere affrancata da ogni costrizione è la Natura. Sovvertire tale assioma, dunque, equivale proprio al racconto crudo e sfilacciato della contemporaneità: piegata, costretta, instradata da massificati vincoli economici, tecnologici ed estetici, causa-effetto della ineluttabile liquefazione di riferimenti. Ci è sembrato straordinario, ancora oggi, poter cristallizzare questa essenza della modernità mettndo a confronto la tela, supporto artistico per antonomasia, e la natura“. Il loro sogno, spiega Pino, sarebbe veder nascere ad Avellino un museo di arte contemporanea “Non sarebbe una cattedrale nel deserto, c’è bisogno di progetti di qualità per la città, di confrontarsi con realtà e movimenti internazionali. L’obiettivo dovrebbe essere quello di portare in città le mostre dei grandi che hanno fatto la storia dell’avanguardia così da educare il gusto degli spettatori. C’è molto pressapochismo quando si parla di arte contemporanea, bisogna conoscere regole e istruzioni per imparare come leggere un’opera d’arte contemporanea e non si può prescindere dalla conoscenza dei grandi artisti che hanno segnato la storia delle avanguaride. La nostra non è un’arte facile ma abbiamo avuto subito un grandissimo riscontro. Scommettere sull’arte in Irpinia sarebbe un segnale importante. Da parte nostra saremmo pronti a collaborare a un progetto di spessore. Certamente, si carica di un valore forte la scelta e da parte del vescovo Marino di aprire all’arte spazi come la cripta del Duomo, può essere questo il primo passo di un percorso importante per rilanciare la città. La sala che accoglie la nostra mostra fino al 15 giugno potrà in futuro ospitare nuove esposizioni”.