Da più di un mese l’attenzione dei canali di informazione è polarizzata, con la massima intensità, verso l’aggressione russa all’Ucraina. In Italia, frattanto, già dal mese di ottobre dello scorso anno, il consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, ha inviato una lettera alle donne e agli uomini di buona volontà – quindi ai presbiteri e al laicato cattolico italiano – per iniziare un cammino sinodale per costruire “Comunione, Partecipazione e Missione”. È un invito nuovo ed eccezionale ai credenti, in cammino sulle vie provvisorie del nostro percorso esistenziale costellato – oggi più che mai – dal buio della solitudine e del dolore, dalla ricerca affannosa di amore e fiducia, dai tanti dubbi crescenti e da certezze smarrite di cui si tenta di riannodare l’ordito valoriale per riscoprire il sapore di una speranza di cui non se ne avverte più il senso e la presenza nel conflitto delle emergenze quotidiane. È un processo, quello delineato dalla Chiesa Italiana, rivolto soprattutto ai laici per abbandonare l’ansia per le cose da fare, in particolare per vincere le logiche accomodanti del “si è fatto sempre così”. Si tratta di camminare insieme con nuovo entusiasmo attraverso un itinerario contrassegnato da tappe tematiche non solo di natura spirituale, ma anche squisitamente civili, sociali e politiche. Tra queste ultime assume particolare interesse, per i tanti laici che sono convinti e motivati per camminare insieme, vi è uno snodo tematico sulla esigenza di “Dialogare nella Chiesa e nella società”. I due binari di marcia, da attivare e su cui camminare sono, dunque, la Chiesa e la Società in permanente osmosi di dialogo per costruire un impegno comune e condiviso, per costruire veramente, in concreto, quello che, con ricorrenti usi e abusi, viene chiamato il “bene comune”. È uno sforzo, questo, finalmente promosso dalla Chiesa italiana con una chiarezza e una consapevolezza nuova: individuare insieme luoghi, tempi e metodi efficaci per superare conflitti e divergenze antiche, spesso frutto di autoreferenzialità deleterie che si sono rivelate come distruttrici e non costruttrici di impegni progettuali necessari per fronteggiare le continue e drammatiche emergenze esistenziali. Allora vie nuove dentro e fuori gli spazi ecclesiali, dentro e fuori il tessuto civile e sociale, fuori da perimetri di appartenenze anacronistiche, evitando silenzi e sedimentazioni settarie e sofferenze infruttuose. In sostanza la Chiesa italiana si coinvolge di fatto per creare itinerari, impegni, progetti concreti per condividere – tra chierici e laici – la comune responsabilità della missione cristiana, dentro la Chiesa e nella carne viva di una comunità civile e sociale che crede nel Vangelo. L’orizzonte globale, giova ricordarlo, della Chiesa Cattolica e delle comunità nazionali, costituisce lo spazio di riferimento, a partire dall’Italia, per costruire la pace e la solidarietà indispensabili, come non mai, nel momento geopolitico che stiamo vivendo.
di Gerardo Salvatore