Quando Matteo Renzi abbracciò la ribalta politica nazionale, i commenti sul suo esordio furono straordinariamente positivi. Si era nutrito della parte migliore della Democrazia cristiana e con quella cultura riuscì, grazie anche alla scintillante simpatia in maniche di camicia, a conquistare la segreteria del Pd, oltre che la presidenza del Consiglio dei ministri. Una carriera rapidissima con una popolarità eccellente. Poi, come spesso accade, la dialettica forbita non sempre riesce a coprire i vuoti o le malefatte. E così il Matteo fiorentino è scivolato nell’inferno gestendo il potere. Chi non ricorda il cerchio magico di cui si era circondato, le scivolate a favore degli interessi forti, a cominciare dalle banche, fino alla clamorosa rottura con il Pd per dare vita alla formazione politica di Italia viva.
Di certo egli non è un genio, ma in questo Paese, si voglia o no, è tra i pochi a saper ancora parlare di politica. Nel bene e nel male. La lunga crisi che il governo attraversa porta la sua firma. Per questo egli è stato definito da molti ambienti un irresponsabile, nel momento in cui la situazione del Paese è di grave difficoltà. La pandemia che non si placa, le conseguenze sull’economia disastrose, la crisi nel rifornimento dei vaccini sono solo alcuni dei problemi che agitano la società italiana. Renzi, conscio di tutto questo, ha scelto per la sua battaglia politica la denuncia contro l’approssimazione con cui il governo Conte si accinge a varare il Piano del Recovery fund. Non credo alla rappresentazione dello scontro tra Renzi e il premier come una prova muscolare. Piuttosto il caso è esploso, a mio avviso, per assenza di dialogo per la gestione dei provvedimenti che investono le future generazioni.
L’Europa offre all’Italia un’occasione irripetibile con l’erogazione di oltre duecento miliardi di euro che possono cambiare la storia del nostro Paese. I contenuti del piano da presentare all’Europa entro qualche mese sono apparsi superficiali e forse anche sospetti. Italia viva ha insistito per migliorarli, sebbene avesse già dato un primo contributo propositivo. La risposta del premier ha eluso i reali motivi della contesa. Per Conte la vera preoccupazione è sembrata quella di sostituire nella maggioranza Italia viva con i cosiddetti “voltagabbana”. Errore, a mio avviso, molto grave, privo di una strategia per un reale rafforzamento della maggioranza di governo. Spiazzato dal numero insufficiente degli aderenti al gruppo nascente degli scontenti di tutto, Conte è stato costretto, sia pure con notevole ritardo, a rassegnare le dimissioni, sperando in un reincarico. E qui Renzi il carnefice diventa il probabile salvatore della crisi di governo. Non sfugge, infatti, che il suo successo, se si dovesse andare ad una rapida soluzione della crisi, ha diverse letture.
Intanto ha riaperto la discussione sui contenuti del Recovery fund. E’ riuscito a evitare la fuga da Italia viva di chi, non più in maggioranza, non si sentiva garantito. E infine ha determinato con il suo assenso a rientrare nella coalizione, una crisi sia nel Pd che nel M5s, dove corre l’ombra di una possibile scissione. Che cosa accadrà entro domani, quando il presidente della Camera Roberto Fico, si recherà al Quirinale per sciogliere la riserva dell’incarico esplorativo è ancora tutto da verificare. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha agito con grande rispetto e rigore autonomo, sempre dimostrato, nell’ accelerare i tempi per la soluzione della crisi. Il Paese segue e auspica la fine delle contese e dei balbettii che la politica ha offerto sino ad ora e spera, nell’avvento nel governo del Paese, di figure di alto profilo, di indubbia competenza e di assoluta qualità morale. I tempi cupi che viviamo lo pretendono.
di Gianni Festa