Dai Giochi la lezione della “polis”

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Si alza il sipario sull’Olimpiade di Rio de Janeiro. Un evento sportivo che dovrebbe farci dimenticare i tanti orrori di queste ultime settimane. Tanti secoli fa quando i Giochi si disputavano nell’antica Grecia veniva proclamata una tregua tra le diverse città che partecipavano alle Olimpiadi che si impegnavano a dimenticare inimicizie e conflitti. Insomma i Giochi erano l’occasione per ricordare a tutte le “polis” l’importanza dello stare insieme mettendo da parte ostilità e incomprensioni. Una lezione più che mai utile oggi. Viviamo un periodo amaro costellato da lutti e attentati e ci sarebbe veramente bisogno di una tregua. Anche allora come adesso la religione era fondamentale tanto che i Giochi si svolgevano in onore di Zeus. E qualche giorno Eugenio Scalfari ha scritto che il terrorismo ricorda i fulmini di Zeus e gli inferi di Ade. Ora al di là dei paragoni tra mito e attualità quelli che si aprono sono i Giochi della speranza. Quando alla fine dell’ottocento il barone francese De Coubertin riuscì nell’impresa di ripristinare le Olimpiadi (le prime si svolsero proprio ad Atene) sperava di interrompere la catena di guerre che aveva devastato il mondo. Una speranza vana visto che i Giochi del 1916 furono cancellati dalla prima guerra mondiale così come a causa del secondo conflitto non furono disputati quelli del 1940 e del 1944. Ma la storia delle Olimpiadi moderne è costellata da altri episodi poco edificanti come, ad esempio, il boicottaggio americano a Mosca 1980 per protesta contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Quattro anni dopo l’allora Urss non partecipò ai Giochi di Los Angeles. Erano i tempi della guerra fredda. Ma il caso più drammatico si verificò a Monaco di Baviera nel 1972 quando dei terroristi palestinesi fecero irruzione nel villaggio olimpico uccidendo due persone della rappresentativa israeliana e prendendo in ostaggio 9 atleti. Al termine di un duro scontro con le forze di polizia tedesche morirono 5 degli 8 terroristi, un poliziotto e i 9 ostaggi israeliani. I tre terroristi rimasti vivi furono catturati. In molti chiesero di cancellare l’edizione olimpica. Richiesta respinta. L’Olimpiade riprese. A distanza di 44 anni proprio vicino al villaggio olimpico un diciottenne di origine iraniana ha ucciso nove persone all’interno di un centro commerciale. Un incubo figlio di tempi diversi ma ugualmente spaventoso. Ricordare questi tragici episodi ci aiuta a capire che la scia di sangue non si è mai interrotta. Le Olimpiadi adesso possono restituirci almeno parzialmente quel sorriso che stiamo inevitabilmente perdendo . Lo sport è partecipazione e ci offre l’occasione per comprendere che solo con una comune appartenenza agli stessi valori è possibile affrontare e battere chi oggi punta a disgregare e a mettere in discussione una pacifica convivenza. La gara tra paesi diversi si consuma in uno stadio o lungo una pista di atletica e non con le armi in pugno. Il direttore di Repubblica Mario Calabresi ha scritto che “abbiamo perso un pezzo importante della nostra libertà, della nostra innocenza, nel senso di poterci permettere di vivere con spensieratezza in mezzo agli altri, vivremo vite sempre più dominate dal sospetto, con una soglia di attenzione alta e in un sottile stato d’allerta. Continuo a credere che dobbiamo caparbiamente difendere i nostri spazi, la nostra cultura, la nostra civiltà, che è fatta di apertura e condivisione, e il nostro diritto se non alla felicità perlomeno allo svago e alla socialità”. Ecco le Olimpiadi sono l’occasione e l’antidoto per battere la paura nella consapevolezza che lo sport può aiutare a ritrovare il senso di una perduta solidarietà mentre chi ci governa deve lavorare per prevenire, controllare, proteggere e mettere in atto politiche di intelligence e di sicurezza.
edito dal Quotidiano del Sud