Dal giglio magico al giglio tragico

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L’inchiesta Consip, con tutti i suoi aspetti melmosi, ha già prodotto i primi effetti politicamente destabilizzanti. E minaccia di travolgere l’establishment renziano e lo stesso governo, con effetti devastanti sugli equilibri politici del Paese.

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Indizi e prove, confessioni, intercettazioni e perfino dei “pizzini” ( recuperati nella spazzatura, che noi finora ritenevamo esclusivi di certi mondi) – parlano di molte cose. Episodi corruttivi. Intrecci pericolosi. Condotte irresponsabili da parte di uomini delle istituzioni. Legami sospetti con faccendieri. Imprenditori di incerto successo o, viceversa, di troppo sicuro successo. Incontri segreti. Interessi insospettabili. Manovre per l’acquisto di quotidiani di partito. Perfino possibili interferenze dei servizi segreti. E da ultimo anche di reiterate fughe di notizie da parte di organismi investigativi. Il gip ha scritto di lotta ”a suon di tangenti” e di “ricerca di appoggi all’interno dell’alta politica”. Sarà comunque la magistratura giudicante a stabilire – se ci riuscirà – eventuali responsabilità penali degli indagati o di alcuni di essi.

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Se vanno comunque rispettati tempi e regole del piano strettamente giudiziario, è però sul piano più strettamente politico – che interessa da vicino i cittadini e le istituzioni – che sono finora mancate risposte adeguate. Dalle intercettazioni, infatti, emergono comunque – come sottolinea la procura – “commistioni se non illegali quantomeno inopportune tra organi dello Stato e il mondo affaristico imprenditoriale”. Un grumo opaco di rapporti personali sotterranei, di preferenze, di raccomandazioni, di confidenze che sembra legare molti degli indagati. Questo, al di là della stessa esistenza di reati specifici, appare inquietante per l’estrema permeabilità, da parte di interessi privati, delle nostre istituzioni. Esposte, perciò, a gravi perdite di credibilità e di prestigio. Nonostante gli inviti rivolti dal premier Gentiloni ai ministri a tenere al riparo il governo dalle turbolenze, non è difficile capire quanto pericolose possano essere le conseguenze dell’inchiesta.
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Per ora, proprio mantenendosi sul piano strettamente politico, si può dire che i partiti – a cominciare dal Pd – hanno perso un’altra occasione per mostrarsi capaci di scelte. Hanno rinunciato a stabilire paletti e confini efficaci tra interessi pubblici e interessi privati, di fatto lasciando campo libero alla magistratura. E il cittadino a ben venticinque anni da Tangentopoli è costretto a chiedersi se le gare pubbliche siano davvero trasparenti e mirate all’interesse pubblico e cosa ci stiano a fare “prototipatori” (copyright Romeo) e facilitatori vari. Anche a causa dell’inchiesta, poi, il Pd arriva al congresso in stato di sofferenza. In particolare la componente renziana. Non è casuale che abbiano ripreso vigore le differenze correntizie. Ed è ora più evidente come il renzismo sia stato un fenomeno double – face. Davanti, l’immagine accattivante dell’ancora giovane leader apparentemente deciso a rinnovare il sistema e circondato da molti entusiasmi genuini ma anche da tanti appetiti interessati. Dietro, un insieme di amicizie, di appetiti, di legami di interessi maturati negli anni in ristretti circoli paesani e regionali. Giunto al potere, Renzi non ha voluto liberarsene. Anzi. Questo milieu regionale non sempre cristallino ha influito notevolmente sugli esiti della sua esperienza. Il resto lo hanno fatto molti ministri sprovveduti o privi di adeguate competenze (forse, come si è detto, scelti addirittura per non fare ombra al premier). Per non parlare di alcuni di essi i cui provvedimenti principali sono stati bocciati dall’elettorato (Boschi) o contestati dall’opinione pubblica (Poletti). E tuttavia rimasti nel giro.
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Ora l’intero sistema renziano sembra sgretolarsi, con una rapidità pari a quella dell’ascesa. Verdini condannato in primo grado a ben nove anni. Arrestato l’imprenditore-faccendiere sardo cui Boschi senior si rivolgeva per chiedere a Flavio Carboni indicazioni su chi individuare come direttore generale di Banca Etruria. Romeo, finanziatore (disinteressato?) della Leopolda, arrestato anche lui. Un ministro indagato. Forse siamo appena agli inizi. Tuttavia, molte nubi tossiche già ammorbano l’atmosfera politica. Accrescono sospetti e alimentano manovre sotterranee, rendendo più complicata e incerta l’azione del Parlamento e del Governo, proprio mentre il Paese avrebbe bisogno di tranquillità e di slancio per superare le difficoltà!
edito dal Quotidiano del Sud