Dal ponte dello Stretto al Def

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Non c’è che dire: Renzi è davvero il figlioccio di Berlusconi anche se non ne ha il sorriso…a trentasei denti e la carica di simpatia. Ma a raccontare frottole gli è alla pari, se non lo supera. E di faccia tosta ne ha uguale! Ha rilanciato finanche il ponte sullo stretto che – parola di Renzi – produrrà 100.000 nuovi posti di lavoro e favorirà la ripresa. Anche nel Documento di Economia e Finanza, propedeutico alla legge di stabilità, non mancano le bugie: crescita del Pil dell’1%, degli investimenti del 3,2%, contenimento della spesa pubblica e del debito pubblico. Ci sono le solite promesse e altre mance elettorali nella speranza che gli tornino in voti nel prossimo referendum nel quale sta investendo tutte le risorse possibili, pur di vincerlo. Sta occupando tutte le televisioni, anche se risponde e contrattacca, con i soliti slogan elettorali e le solite frasi fatte, alle argomentazioni giuridico-costituzionali al prof Zagrebelsky dimostrando una lacuna giuridica- costituzionale molto grave in un Presidente del Consiglio che la Costituzione tenta di cambiarla anche con le furbizie, tutte italiche, come la formulazione del quesito del sapore smaccatamente di pubblicità ingannevole. Senza contare che un Presidente del consiglio non dovrebbe – per funzione istituzionale- dedicarsi a tempo pieno ad una lunghissima campagna elettorale, trascurando, di fatto o asservendole ad essa, le incombenze della carica, come, invece, sta facendo impegnando persino, ambasciatori e capi di Stati esteri. Nella stessa ottica sarà strutturata la nuova legge di bilancio e da una proposta di modifica della legge elettorale in modo da trarre il maggior vantaggio e ribaltare i pronostici che vedono in testa il SI. La legge di bilancio è finalizzata, come il rilancio del Ponte sullo stretto, più a fargli vincere il referendum che a tentare di trarre l’Italia fuori dalle secche della mancata crescita. La manovra non potrà essere inferiore a 24/25 miliardi di euro. Dieci miliardi verranno da ulteriori debiti che, chiamano, flessibilità. Ce ne vorranno altri 14/15. Dove li troverà? Una parte dovrebbe venir fuori dalla crescita, il resto dai tagli ai ministeri agli enti locali ed alla sanità; dal recupero dell’evasione fiscale (campa cavallo!) e dal solito rientro dei capitali all’estero, che per pudore non chiamano riapertura del condono. Il pareggio di bilancio (incluso in Costituzione!) è rinviato al 2019, come pure l’abbassamento del debito pubblico che, intanto, crescerà ancora. In più saranno scorporate dal bilancio 7/8 miliardi dovuti alle emergenze (migranti e terremoto) e le clausole di salvaguardia –aumento dell’iva – rinviato al prossimo anno. Se vi è fumosità nelle entrate, le uscite sono messe bene in risalto: innanzitutto la 14% ai pensionati con pensioni fino a 1000 euro, quelle più basse l’hanno già, per 1,4 miliardi; uscita anticipata della pensione, 2 mld; proroga bonus scuola, 0,8 mld; tagli aliquote imprese, 1,15 md; rinnovo contratto statali, 2 mld; Piano Casa, 10 mld in tre anni. Si assicura che la pressione fiscale diminuirà, anche se gli esperti sostengono, invece, che in totale aumenterà. Che dire? E’ una manovra fatta con la solita spregiudicatezza guardando più ad interessi di parte che a quello generale, e con il beneplacito di Padoan e dell’Europa che immaginano con preoccupazione un possibile dopo Renzi. Lars Feld, consigliere economico di Merkel, ha detto che: “In un paese ad alto debito come l’Italia il punto non è spendere in più ma trasferire ricchezza tra generazioni: bisogna recuperare con tagli e tasse quanto i “vecchi” di oggi hanno scaricato sui loro figli sotto forma di indebitamento”. Purtroppo anche i giovani, che si atteggiano a rottamatori, non sanno fare di meglio se non continuare sulle orme dei padri. Le riforme di struttura, le liberalizzazioni, le privatizzazioni sono pii desideri. La legge sulla concorrenza ferma alla Camera e la corruzione, malgrado Cantone, continua a crescere. Una forte delegificazione e uniformazione delle leggi sul territorio nazionale (ottomila comuni hanno ottomila diversi regolamenti edilizi, solo per fare qualche esempio!), una sburocratizzazione effettiva (quanti permessi per aprire un’attività!), una vera riforma dei processi, l’abolizione delle caste e dei privilegi, degli ordini professionali e una vera lotta all’evasione, sono le uniche riforme in grado di richiamare gli investimenti. Invece continuano a stare al palo, alla faccia del cambiamento!
edito dal Quotidiano del Sud