“Finalmente la Seconda Repubblica, ora possiamo parlare di Centro”. L’appello di Gargani

In un convegno al De La Ville, lo storico leader Dc riscrive la parabola dei moderati alla luce di quanto avvenuto alle ultime politiche. Pronto anche il nuovo libro: “La ‘Terza Repubblica’ senza partiti. Una costituzione meno democratica”

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Una cosa è il centro, altra sono i partiti personali. La stessa differenza che passa tra identità e leaderismo. La distinzione è fondamentale se si vuole capire il contesto politico degli anni ’90 in Italia, periodo di transizione in cui hanno prevalso partiti non democratici ma verticistici,senza identità.

Questa l’analisi di Giuseppe Gargani, esponente storico della Dc ed ex europarlamentare, contenuta in un libro dal titolo “La ‘Terza Repubblica’ senza partiti. Una costituzione meno democratica”.
Terza Repubblica si fa per dire. Per Gargani infatti siamo nella Seconda Repubblica, che non è cominciata come molti ritengono col berlusconismo ma il 25 settembre, alle scorse politiche, quando ha vinto la destra, il segno di una discontinuità politica reale.

Se n’è parlato ieri nel convegno “La fine della Dc e del Pci: una storia da chiarire e una narrazione da cancellare”. Appuntamento all’hotel de La Ville organizzato dal Centro Studi Leonardo da Vinci.
A partecipare tra gli altri Alfonso Andria, Antonio Limone, Umberto Ranieri, Giuseppe Vecchione e Franco Vittoria. A moderare il confronto il giornalista Gianni Festa, direttore del Corriere dell’Irpinia.

Oggi, secondo Gargani, l’identità è tornata: a destra con Giorgia Meloni, premier e leader di Fratelli d’Italia, che ha compresso il centro, e dall’altra parte con Elly Schlein, segretaria del Pd che si sposta verso una sinistra radicale.
Questa nuova connotazione ideologica dei partiti ripristina finalmente la dialettica politica e la possibilità di un vero centro.

Un centro che poteva nascere da Italia Viva e Azione, che avrebbero potuto avviare un processo di aggregazione tra tutti i democratici, i liberali, e i riformisti. Invece Matteo Renzi e Carlo Calenda, i moderati, si sono divisi proprio perché non hanno messo i valori al primo posto. Ma c’è speranza, un enorme spazio da colmare perché gli italiani hanno sempre creduto in una politica illuminata e una cultura di governo, caratteristiche peculiari dei centristi come ha dimostrato in tanti anni la Dc.