Draghi, tra lealtà ed ipocrisie

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Molte cose che stanno succedendo nel mondo politico cadono nella disattenzione generale a causa della pandemia. Tuttavia non vanno sottovalutate, perchè la dicono lunga sul clima che sta mutando – e montando – intorno al governo Draghi.  Fatto, sì, di reali sostegni ma anche di pleateali e ipocrite riaffermazioni di lealtà al premier. Costretto quotidianamente a ingoiare i rospi dei continui distinguo e dei disinvolti, arroganti penultimatum di Salvini. Ormai lanciato in una sfrenata competizione, senza esclusione di colpi, con l’arrembante Meloni. Il panorama è poi segnato anche dalle incertezze del M5S circa il suo cammino, la sua collocazione, le stesse alleanze. Incertezze che si riflettono vistosamente anche sulla linea del Pd, indotto dalla confusione dei pentastellati a continui aggiustamenti sulle possibilità di creazione di un fronte anti-populista. Ovviamente, i problemi e le difficoltà sono destinati ad aumentare con l’avvicinarsi delle due scadenze poltiche più importanti. Cioè l’elezione del Presidente della Repubblica agli inizi del 2022 e l’avvicinarsi del termine naturale della legislatura nel 2023. Termine, questo, che schiere di parlamentari – dei più diversi colori politici – faranno di tutto per  raggiungere, in modo da evitare di tornare a casa anticipatamente!  Anche su questo delicato crinale si giocherà il destino della attuale, imprevedibile legislatura. Del resto, proprio il disinvolto endorsement di Salvini per Draghi for President e il lancio di qualche candidatura di outsider dimostrano come il terreno si vada facendo, da questo punto di vista, sempre più scivoloso. Tutto questo fa sì  che crescano  le diffidenze reciproche. I giochini disinvolti. Le gelosie elettorali. Le piccole manovre per l’avvelenamento di pozzi. Con il rischio di mandare all’aria tutto il paziente e meticoloso puzzle di rapporti e di alleanze messo su dai Mattarella, dai  Draghi e dai Gentiloni. Esso è stato –  ed è – alla base della concessione del miliardario pacchetto di aiuti all’Italia da parte della Ue. La dichiarata chiusura, da parte del Capitone leghista, verso ogni ipotesi di riforme da parte del governo presieduto da Draghi rappresenterebbe la fine di ogni realistica prospettiva di ottenere quegli aiuti. La candidatura al Quirinale dell’attuale premier è anche il segno della irresponsabile determinazione di Salvini a scompaginare il quadro politico per andare ad elezioni anticipate. Un traguardo da lui agognato per frenare, insieme, la perdita di consensi leghisti e la continua crescita di FdI.

Intanto, l’ incerto andamento  dei rapporti tra Pd e M5S condiziona fortemente la possiibliità di costituire un valido argine alle tentazioni anti-europeiste di Salvini e Meloni, da cui lo stesso Berlusconi si è smarcato. I tempi lunghi e l’estrema riservatezza di Conte nel delineare gli assetti futuri del Movimento 2.0, nonchè il suo sostanziale chiamarsi fuori dalla contesa milionaria con Casaleggio jr, hanno finito per irritare ancora di più una buona parte dei parlamentari. Ancora non liberati dalla tagliola dei due mandati, il limite che rischia di decapitare molti fra gli esponenti più noti. E di portare in Parlamento solo dei novizi. Questa incertezza non è solo di leadership, ma anche di contenuti e di obiettivi. Così il saldo fronte progressista con Pd, M5S, LeU ed altri – esaltato in epoca zingarettiana, con tanto di “federatore”, poi però diventato leader in pectore del M5S – rischia di ridursi ad una semplice alleanza elettorale. Per giunta senza neppure una intesa completa sulle candidature dei sindaci nelle grandi città. Rischio paventato da Letta, che insiste  sul fatto che “le alleanze sono conseguenza di chi siamo, non definiscono la nostra identità”. Sembra, così, tornare ancora una volta a galla l’irrisolto problema della identità del partito. E quindi delle scelte progressiste che dovrebbero esserne alla base. Tema sul quale l’alert  lanciato con determinazione dal leader Pd  dovrà trovare rispondenza nei provvedimenti che il governo si troverà ad affrontare. Tuttavia, nell’attuale clima non sarà facile, anche per la posizione di sostanziale equidistanza che Draghi vorrà mantenere, come garanzia della tenuta del suo esecutivo!

di Erio Matteo