E se domani il Pd…

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Il governo gialloverde traballa, ma non cede. I continui compromessi al ribasso (Tav, Regionalismo differenziato, Reddito di cittadinanza) sono il collante di una strategia incerta e senza futuro. E’ forse per questo che nel Paese si respira l’aria di una nuova politica con il recupero di un partitismo rinnovato nella sua classe dirigente. Il risultato elettorale della Sardegna dice anche questo. Una prima verifica potrebbe venire dai risultati delle primarie del Pd che si svolgono oggi. Un dato di riferimento, molto atteso, è la partecipazione ai gazebo. Serve a capire se c’è veramente il sentimento del cambiamento della classe dirigente del Paese e, soprattutto, se il partito, dopo questo appuntamento, ritrova l’unità perduta. I tre contendenti per la segreteria nazionale hanno definito la loro identità. Giachetti si propone come fedelissimo della politica renziana, Martina tentenna tra appartenenza e distanza dall’ex leader, mentre Zingaretti, dotato di grande autonomia, segna una rottura con il passato, con l’obiettivo di riportare l’asse politico in un centrosinistra avanzato. Alla vigilia del voto la sua posizione appare la più favorita. Il percorso, però, per contribuire a formare una nuova maggioranza di governo non è facile. La catastrofe Renzi da cui è nato il governo giallo-verde ha ridotto il Pd a percentuali inimmaginabili. Il vincitore delle primarie sa bene che ricostruire un’alleanza credibile, capace di diventare alternativa al duo Salvini-Di Maio, può nascere solo dalla deflagrazione dell’attuale maggioranza di governo. L’anello debole è il M5S che nel dna ha una vocazione di sinistra che però non viene riconosciuta da tutti i componenti alla corsa per la segreteria del Pd. In politica il “mai dire mai”, come la storia insegna, potrebbe indurre anche a dei ripensamenti. L’unione tra i due perdenti in questa fase, Pd e M5S, potrebbe proporsi come alternativa alla Lega il cui potere diventa sempre più invasivo. Tutto, però, dipende dal futuro stato di salute del Pd, ma anche dalla capacità di sopportazione dei pentastellati nei confronti della Lega. Non solo. Le elezioni europee, che ormai bussano alla porta, e la collocazione sullo scacchiere di Bruxelles delle forze in campo diranno di più e meglio sulle possibili alleanze, determinando il confine tra vicinanza e distanza dei due partiti, Pd e M5S. Allo stato immaginare il confluire di Di Maio sulle posizione della francese Lepen sembrerebbe una vera iattura. Cosa, invece, che favorirebbe la Lega di Salvini, ma non tutto il centrodestra. Se questi sono verosimilmente gli scenari futuri essi dipendono anche dalla quantità e dalla qualità del voto di oggi alle primarie Pd. Il numero dei votanti dirà, infatti, a che punto è il recupero del partito dopo il disastro renziano e, dal risultato che uscirà dalle urne, quale sarà la classe dirigente del Pd capace di riportarlo alla sua genesi caratterizzata dalla fusione di più culture. Si capirà, comunque, se ci sarà volontà di riassorbire le non poche componenti che deluse hanno dato vita a nuove aggregazioni in seguito a scissioni. Per questo, penso che andare alle urne, sia l’occasione utile per saperne di più.

di Gianni Festa