Elezioni e sfiducia nei partiti

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Il clamore degli ultimi attentati terroristici di Bruxelles e il clima delle festività pasquali cedono velocemente il passo alle questioni più urgenti e significative che abbiamo davanti: tra queste certamente le prossime elezioni amministrative in parecchi comuni della nostra provincia. Il dibattito politico, quello spicciolo e disinteressato, si anima nei luoghi di ritrovo consuetudinario, durante le passeggiate al corso, nei momenti di pausa nei luoghi di lavoro e in quelli di attesa presso gli sportelli degli uffici della pubblica amministrazione. Un dato emerge sempre più evidente: la sfiducia nei partiti attuali e nella loro classe dirigente. Di conseguenza assisteremo ancora ad un ulteriore pullulare di liste civiche e ad una probabile diserzione delle urne, certamente in proporzioni minori rispetto alle elezioni politiche nazionali ed europee, ma pur sempre più notevole. A fronte di questo clima di sfiducia è doveroso condurre un serio sforzo di analisi sulle cause generatrici della disaffezione per il modo di fare politica nelle nostre piccole comunità. Fino a pochi decenni fa c’erano le "sezioni" locali dei maggiori partiti e, soprattutto, c’era una struttura organizzativa e provinciale di esse, luogo e momento forte di discussione, di programmazione e di sintesi organizzativa e politica, capace di determinare a livello periferico compagini e programmi elettorali, con un minimo di credibilità. Questa dinamica preparatoria alla competizione elettorale alimentava e canalizzava nei modi più opportuni la passione civile e il protagonismo politico dei cittadini. A questo modello di presenza politica, con tutti i pregi e i difetti immaginabili, attualmente si è sostituito il vuoto, la confusione, il pressappochismo di personaggi che, in mancanza di altri spazi d’impegno – di lavoro, professionale o associativi – scendono in campo sapendo di non aver nulla da perdere, comunque speranzosi di guadagnare qualcosa a servizio dei tanti "politici di mestiere" presenti sui nostri territori. Attualmente la presenza educativa e sociale dei corpi intermedi – associazioni, sindacati, imprese sociali – che una volta comunque svolgevano un’azione propulsiva di protagonismo politico, attraversa un momento di affanno e di delegittimazione ingenerosa e autolesiva della stessa democrazia rappresentativa. Questo è un vero colpo per i processi democratici, anche se non va dimenticato che con il grano c’è la zizzania anche all’interno dei corpi intermedi: insieme ad esperienze positive di percorsi generosi e disinteressati per l’impegno sociopolitico, bisogna prendere atto dei numerosi episodi che hanno configurato metodi corrotti e corporativi, balzati alla ribalta dei mezzi di comunicazione. La democrazia rappresentativa, ha ritenuto di risolvere il problema della partecipazione democratica opacizzando le pur discutibili presenze sociali dei corpi intermedi, avrebbe dovuto, invece, elaborare provvedimenti legislativi di chiara regolamentazione degli spazi operativi di tali presenze: la delega al Governo per i decreti attuativi della legge di riforma del Terzo Settore comporta il rischio di non risolvere le incertezze attuali. La migliore democrazia associativa, frattanto, riesce ancora a promuovere momenti di mobilitazione popolare su percorsi tematici ben precisi: legalità, corruzione, ambiente, trivellazioni petrolifere. La manifestazione di "Libera" della scorsa settimana in occasione della "XXI Giornata della Memoria e dell’impegno" costituisce solo l’ultimo dei tanti momenti di partecipazione popolare vissuti dalla nostra comunità provinciale e da tanti altri territori della Penisola. Allora contro l’assenteismo civile e la diserzione delle urne elettorali occorre dare voce al coraggio popolare di rinnovare la vitalità politica, la capacità di ascolto dei bisogni, la incisività di proposta presso i livelli istituzionali che governano i bisogni e le aspettative della cittadinanza. La crisi della democrazia rappresentativa attanaglia non solo l’Italia, ma anche l’Europa. Diverse forme di populismo avanzano in alcuni Paesi europei ed i partiti tradizionali non riescono a fare sintesi programmatica rispetto alle grandi sfide del terrorismo, dell’immigrazione, della disoccupazione. La democrazia del futuro non sarà identica a quella conosciuta, occorre avere piena consapevolezza che per realizzarla non potremo evitare né la fatica di coinvolgere tutti, né la difficoltà del confronto e la ricerca di obiettivi condivisi: la prima tappa di questo impegnativo percorso può essere la prossima competizione elettorale amministrativa, patendo dall’humus culturale e politico dei nostri territori.
edito dal Quotidiano del Sud