Ercole Bibax, quel bronzetto della collezione Zigarelli 

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Fra le tante divinità del Pantheon italico Ercole è la più amata dalle popolazioni sabelliche dalle quali hanno origine le genti irposannite; è anche la divinità che ha lasciato una traccia molto accentuata del proprio culto. Anche se nel Sannio Irino, in genere, il culto di Ercole non è ampiamente documentato, come nell’area peligna, dove le testimonianze sono più numerose e bene attestate, dal limitato materiale iconografico disponibile, tuttavia si riesce ad avere una visione abbastanza articolata della diffusione del culto medesimo. Ai confini dell’Irpinia con la Campania, fino ad ora, attraverso il cippo abeliano, notevole monumento della lingua osca, si conosce un tempio dedicato ad Ercole che delimitava i confini tra Abella e Nola. Nella Valle di Ansanto di Rocca S. Felice, dalla stipe votiva della divinità italica “Mephithis aravina”, tra i numerosi materiali di classi diverse, esposti nel Museo Irpino, furono rinvenuti anche tre bronzetti raffiguranti Ercole; di essi, il primo lo rappresenta in atteggiamento stante ed è una traduzione italica di un prototipo ellenico di origine colta; gli altri due, invece, lo configurano in posizione di assalto ed appartengono ad una produzione di serie in cui prevale l’assunzione di schemi iconografici tipicamente greci, adattati a raffigurare, con l’aggiunta degli attributi, le divinità del Pantheon italico; in più, il bronzetto contrassegnato con il n.1205 di inventario, oltre ai normali attributi della clava e della leonté, reca nella mano sinistra anche il pomo delle Esperidi. Ai predetti tre bronzetti della divinità italica di sicura provenienza dal territorio irpino, conservati nel Museo Provincia le, se ne aggiungono altri tredici, appartenenti al fondo Zigarelli, ma di provenienza sconosciuta. Tutto il gruppo del legato Zigarelli si inquadra cronologica mente dal IV al I sec. a. C. e va inserito nella produzione di ambiente osco-sabellico, con la lacuna, come predetto, della provenienza di ogni singolo pezzo. Tuttavia, tenendo conto che lo Zigarelli ha svolto maggior – mente la sua attività professionale nel Distretto di S. Angelo dei Lombardi, in cui era compresa la Valle di Ansanto di Roc ca S. Felice, non è da escludere che qualche esemplare possa provenire dalla stipe votiva del Santuario di Mephitis, come si riscontra su alcuni esemplari figurati di terracotta del legato medesimo sui quali è segnato sul dorso:”rinvenimento dal vado mortale della Valle di Ansanto”. Di questi tredici bronzetti che raffigurano il dio con gli attributi canonici della clava e della leontè, quasi tutti in posizione bellicosa (Ercole in assalto), viene presentata, per motivi cono scitivi, non essendo il tipo troppo diffuso, una scheda di Erco le bibax. Si tratta di una figura piccola, rispetto agli altri tipi conservati nel Museo, alta mm.87. Il bronzo è a fusione piena che presenta una patina grigio verde; nel complesso, lo stato di conservazione è buono, eccetto la lacuna dell’avambraccio sinistro. Il peso del corpo gravita sulla gamba destra, mentre la sinistra è flessa e leggermente arretrata. Il piede sinistro rispetto a quello di destra è molto più piccolo e modellato sommariamente; è sollevato e tocca terra con la parte digitale che non presenta una distinzione dalla regione dorsale sulla quale, con brevi incisioni, sono accennate le dita. Il braccio destro è proteso in avanti e, nella mano che man ca, reggeva il Kantharos (vaso a due manici) per cui il dio è denominato Ercole bibax. Dalla spalla sinistra pende la leontè che si avvolge intorno al braccio, piegato all’indietro e accostato al fianco; nella mano stringe la clava. La testa, leggermente volta a destra, è cinta da una corona di cinque foglie di vite, fermata da un nastro con tre pomi di cui, uno al centro della regione frontale, e due ai lati della zona parietale, visibili, quest’ultimi, dalla parte posteriore. Nonostante i suoi classici attributi, la clava e la leontè, Ercole è assimilato a Dioniso, particolarmente per la corona di vi te sulla testa. Il volto ovale e giovanile è reso con discreta cura; la fronte è incorniciata da corte ciocche di capelli, distinte da scanalature; bene evidenziato è l’arco sopracciliare sotto il quale sporgono gli occhi rotondi con palpebre rilevate; il naso è piccolo e diritto, appena accennato, e la bocca ha le labbra separate. Il tronco, morbido e di prospetto, presenta un’incavatura verticale per la linea alba e due scanalature orizzontali che se parano i pettorali bene arrotondati, dalla regione epigastrica, quest’ultima, dal ventre, dove si nota un puntino inciso per l’ombelico; netto lo stacco tra il basso ventre e le cosce; abba stanza marcato il pube; appena accennato il sesso. La zona posteriore, che a sinistra è coperta dalla leontè, pre senta una solcatura discontinua per la schiena, una leggera in cavatura sotto la scapola ed una depressione alla vita. I glutei, nettamente staccati dalle cosce da due larghi intacchi orizzontali, sono piccoli ma bene evidenziati per il profondo solco che li separa. Il pezzo, pur presentando qualche debolezza compositiva (resa sommaria delle ciocche dei capelli, disarmonia degli arti inferiori, grossolanità della mano sinistra), che ne evidenziano l’esecuzione in ambiente periferico, è di derivazione da modello colto, ellenistico, come si evince dalla plasticità dei particolari anatomici. Un esemplare simile all’Ercole Bibax di Avellino è quello rinvenuto a Pietrabbondante, vicino al tempio B. Di questo rinvenimento, sulla base di un probabile riferimento della statuetta alla fase di attività del Santuario, si è potuto stabilire che il tipo era già prodotto agli inizi del I sec. a. C. con una continuità anche in periodi successivi; ciò si può arguire da un altro esemplare, venuto alla luce a Venlo, in Olanda, a sud del limes romano, di cui i resti danno una cronologia dagli inizi del I sec. a. C. a tutto il IV sec. d. C.

Di Consalvo Grella pubblicato il 10/12/2013 sul Quotidiano del Sud