Fondazioni politiche, troppi misteri

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Il forte allarme sulle fondazioni politiche lanciato nei giorni scorsi dal garante della privacy, Soro, ha avuto toni ultimativi: “Non ci sono più alibi, privacy e trasparenza oggi possono convivere”. Le fondazioni politiche, soprattutto dopo l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, rappresentano infatti lo strumento principe per drenare contributi privati. Tuttavia, la loro trasparenza lascia molto a desiderare.

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Il fenomeno delle crescita esponenziale delle fondazioni è esploso già da molti anni. I politici, soprattutto quelli di prima fascia o emergenti, avevano capito quale strada usare per i finanziamenti, in tempi in cui sia quelli pubblici che quelli privati ai partiti si riducevano progressivamente. Poi, la progressiva frammentazione degli stessi partiti in correnti o sottocorrenti, talora solo personali, ha accentuato la necessità di strumenti particolari. Spesso per statuto  finalizzati alla produzione di studi, ricerche, indagini ecc.  A solo titolo di esempio, si possono ricordare “Liberamente” fondata da Gelmini, Prestigiacomo e Frattini, la “Nuova Italia” guidata da Alemanno, la “Fondazione per la Pace e Cooperazione De Gasperi” di Alfano, “Magna Carta” di Quagliariello,  “Fare Futuro” di Urso, “Riformismo & Libertà” di Cicchitto, la “Cristoforo Colombo” di Claudio Scajola. E poi la renziana Open, succeduta a Big Bang. Fino alle più antiche come “Italiani europei” di D’Alema, nata nel 1998. (che però è parte di una mega-fondazione europea). In alcuni casi però dietro i loro nobili fini –  come alcune indagini hanno rivelato – si cela, se non lo scopo, certamente l’effetto di ottenere finanziamenti per l’azione politica, talvolta del loro solo  dominus.

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C’ è un oggettivo deficit di trasparenza nella disciplina di questi organismi. A differenza dei partiti, progressivamente sottoposti a denunce e controlli (almeno formali) più stringenti, le fondazioni da anni godono di un trattamento di grandissimo favore. A parte le profonde modifiche nelle loro finalità, che originariamente dovevano essere di beneficenza, sono soggette in pratica alla sola redazione dei bilanci per la presentazione agli amministratori. Le loro iscrizioni vengono presentate in prefettura. Ma non risulta da alcun documento che le prefetture esercitino veri, approfonditi e permanenti controlli su di esse. E poi privilegi da Paese della cuccagna! Non tassabilità  delle entrate. Deducibilità dei contributi. Limitazione dei nomi dei contributori  solo a quelli che abbiano accettato di comparire. I donatori infatti, in nome delle loro  esigenze di privacy, possono a norma di  legge impedire che i loro nomi vengano conosciuti e citati. Così si vanificano i principi di trasparenza. Si rendono sostanzialmente occulti i finanziamenti privati. E ancora più oscuri i legami tra politica e potentati economici.  Insomma, tra potenziali conflitti di interessi ed esigenze di riservatezza, di fatto si è stabilito un circolo vizioso che è diventato una  vera e propria  cortina fumogena.

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Ora è lo stesso garante della privacy a riconoscere che “siamo arrivati a un punto in cui debba maturare un diverso equilibrio, più bilanciato, tra diritto individuale alla riservatezza e quello collettivo alla trasparenza e conoscenza”.  Poiché il legislatore, abbastanza ipocritamente, ha imposto la trasparenza assoluta alle fondazioni “i cui organi siano espressamente nominati in tutto o  in parte dai partiti”, basterebbe ampliare questa limitazione  e si sanerebbe così una vistosa contraddizione. Se è comprensibile la tutela per le donazioni dei sottoscrittori di piccole somme in nome della loro fede politica, meno giustificabile è il sostanziale riserbo che finisce per coprire ingenti versamenti di somme da parte di influenti lobby e di grandi gruppi industriali o finanziari. E per nascondere ai cittadini dei legami che potrebbero influenzare le decisioni politiche. Il problema è se ci sarà la volontà di procedere davvero. Nella passata legislatura, erano state presentate ben nove proposte di legge per dare trasparenza ad un settore opaco. Nessuna è arrivata alla discussione! In questa legislatura, ne sono state presentate già tre. Come finirà?

di Erio Matteo edito dal Quotidiano del Sud