Formare i giovani, la priorità 

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Durante il dibattito sull’attuale situazione politica italiana, recentemente trasmesso da un canale televisivo nazionale, il professor Cacciari ha usato parole molto forti, anche se abbastanza significative, sulla incapacità di indignarsi degli italiani a fronte di alcuni assurdi e amorali comportamenti dei politici nostrani.
Ebbene questo grido di allarme dell’autorevole filosofo racchiude sostanzialmente l’amarezza della memoria corta degli stessi italiani rispetto alla nostra storia, alle nostre radici, ai principi basilari della nostra Carta Costituzionale. Probabilmente l’attuale deficit culturale, ormai a livelli preoccupanti in ambito politico ed istituzionale, è la diretta conseguenza degli scarsi sforzi formativi da parte delle agenzie educative, stampa, televisione, scuola, famiglia, parrocchie. Sono stati dimenticati e non trasmessi con efficacia gli sforzi positivi, sociali e politici, che la nostra comunità nazionale – a partire da quelli di tanti territori locali – pur ha compiuto per opera di uomini e donne che da protagonisti, attenti e responsabili, si sono rivelati testimoni di considerevole spessore civile e culturale. La recentissima iniziativa editoriale curata da Gianni Festa e Paolo Saggese “Il 68 degli Irpini – La città, gli studenti, i partiti, la Chiesa”, a mio modestissimo avviso, oltre a dare una risposta concreta all’allarme del professor Cacciari, si rivela come un generoso, validissimo e attuale momento formativo per tanti giovani, e non più tali, su un periodo storico- politico di grande rilevanza non solo nazionale, della nostra vita nazionale. È uno sforzo, quello condotto dai due autorevoli opinionisti, che coincide non casualmente con un preoccupante smarrimento etico, culturale e politico nazionale e locale che ci presenta la nostra Avellino come epicentro allarmante del fenomeno stesso. Lodevole, frattanto, è la dedica della prima edizione del libro alla memoria di Don Michele Grella, parroco di S. Ciro, figura eccezionale di pastore a cui si rivolsero intere generazioni di uomini e donne, avellinesi e non, giovani ed anziani: per tutti Don Michele aveva una parola efficace, ed un percorso concreto da indicare ed accompagnare. Chi scrive ha vissuto il ’68, negli ambienti dell’Università Federico II di Napoli, a conclusione dei suoi studi, testimone di avvenimenti, iniziative che hanno lasciato il segno nel mio successivo percorso personale, sociale e professionale. Dalle pagine del libro traspare, con molta evidenza, che la comunità avellinese partecipò alla contestazione del ’68 con testimonianze di non pochi personaggi, sacerdoti, giornalisti, cattedratici, intelletuali, politci e studenti, che con incisività ed autorevolezza hanno non solo contrassegnato quel momento, ma hanno anche scritto e trasmesso, con umanità ed equilibrio interiore, gli aspetti innovativi di una delle prime “rivoluzioni” del novecento, come ha sottolineato Paolo Saggese. Sarebbe fuori luogo, anche molto impegnativo, evidenziare i tanti pregi del libro, ma mi sia almeno consentito, di evidenziarne, oltre alla già delineata opportunità comunicativa nel momento presente, la evidente caratura di pedagogia sociale, tanto necessario nel grigiore culturale e politico attuale. Quest’ultimo aspetto è particolarmente prezioso, se si considera che il relativismo etico e culturale che attanaglia la vicenda umana delle ultime generazioni è certamente l’innegabile conseguenza dell’affanno formativo della scuola, delle famiglie, talvolta anche dei canali dell’informazione, e della stessa Chiesa locale in ordine all’esigenza di un generoso, efficace e permanente sforzo sociopedagogico: la priorità della crescita umana e sociale, culturale e spirituale dei nostri giovani dovrebbe essere il primario impegno di tutte le soggettività relazionali citate.

di Gerardo Salvatore edito dal Quotidiano del Sud