Giustizia e dintorni – Bambini in carcere, senza speranza

A cura dell'avvocato Gerardo Di Martino

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Naufraga in Commissione giustizia alla Camera la proposta di legge Siani sulla possibilità per le detenute, madri di figli con meno di sei anni, di trascorrere pena o cautela in casa famiglia, fuori dal carcere o dagli ICAM (ossia, gli Istituti a custodia attenuata per le detenute madri).

Le modifiche proposte al testo – che, va ricordato, era in dirittura di arrivo al Senato, in seconda lettura, quando veniva tolta la fiducia al precedente Governo – sono logicamente inaccettabili. Perché? Semplice: contrastano con lo stesso spirito della riforma.

Ragioniamoci. Un bambino detenuto, lo è sempre, sia quando la propria madre è incensurata, sia nel diverso caso in cui abbia già riportato condanne.

Le esigenze di difesa sociale, su questo tema, sono sempre recessive, senza alcun tentennamento, rispetto alla necessità del bambino, innocente, ad una crescita libera e ad una maturazione psicofisica negli anni più importanti, costrette, entrambe, tra muri e celle.

All’ICAM di Lauro, per fare un esempio, non si incontrano rom, o solo rom, ma donne con i propri figli di tutte le nazionalità.

Nello stesso Istituto i bambini a riposo guardano gli altri giocare da dietro le sbarre. E vanno a scuola con un pulmino, per poi rientrare forzatamente in Istituto e lì trascorrere l’intera giornata.

A questi bambini bisogna guardare oggi. A tutti quelli reclusi. E per loro dobbiamo chiedere giustizia. Anzi una legge. Perché è la legge, ed il suo pedissequo rispetto, a garantire la giustizia, che non potrà mai esserci al di fuori, perché sarà sempre una legge a presidiare i più deboli e gli ultimi. E i bambini lo sono costantemente di più, ultimi, in questa strana Comunità. Una vergogna per tutti.