Giustizia e dintorni: posto un limite al diritto di distruggere la reputazione di un uomo

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Gerardo Di Martino

Approvate al Senato le modifiche al codice penale e di procedura penale.

È stato eliminato lo ius sputtanandi, ossia il diritto dello Stato di demolire, distruggere, cancellare onore e reputazione di una qualunque persona. E con lui, quella della sua famiglia.

Nessuno potrà più pubblicare testualmente le deduzioni, le illazioni, in una parola, le ipotesi di accusa formulate nei confronti di un nostro concittadino.

E finalmente! Perché il primissimo diritto che rivendica quella persona, da quando è messa al mondo, è di non subire lo sputtanamento.

Il vizio è periglioso, a maggior ragione se ad incedere è addirittura il nostro Stato.

Prima arrestati, poi messi all’indice, e ancora dopo, senza nemmeno dire ancora una parola, cancellati.

Figuriamoci. Avrà tutte le colpe del mondo chi è proposto per una misura cautelare, qualunque.

Ma almeno diamogli la possibilità di parlare, di spiegare prima, lì dove possibile e voluto, di fronte al giudice che deve applicare la cautela, anzi, come oggi va di moda, buttare la chiave.

E che caspita!

Dopo tanti anni di imputati rivendicanti il diritto di trasferire la propria insonnia all’avvocato, almeno ascoltiamo cosa questa persona ha da dire, a tutti noi.

Quella che normalmente è definita cronaca giudiziaria, invero, com’è oggi, risulta mattanza.

I giornalisti vendono e ci campano. Li capisco. I magistrati e la polizia giudiziaria, spesso, ci fanno carriera. Li comprendo molto meno.

Ma, a tutto voler concedere, sulle spalle di chi? Anzi, cancellando la vita di chi?

A chi ci capita sotto, noi tutti siamo debitori di una società diversa, capace di credere ai digiuni, anche quando sazia.