Giustizia e dintorni. Quattro milioni di euro in fumo

A cura dell'avvocato Gerardo Di Martino

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Sono quattro i milioni di euro spesi dallo Stato o, meglio, appresi dalle nostre tasche, per captazioni telefoniche ed ambientali nell’ambito di un procedimento penale che, a Pesaro, ha visto imputati di peculato e truffa i necrofori dell’Ospedale San Salvatore in concorso con altre 29 persone tra cui medici ed impresari funebri.

Alla fine? Tutti assolti.

Vi starete chiedendo, quantunque necessario, quale sia la notizia.

E infatti non c’è. O, meglio, non ci sarebbe, se non fosse che allo scopo di costruire l’ipotesi accusatoria, la nostra Comunità, per mano dell’Ufficio di Procura pesarese, ha speso oltre quattro milioni di euro.

Avete capito bene. Quattro milioni di euro soltanto per intercettazioni telefoniche ed ambientali.

Ora, dopo la sentenza, tutti a raffrontare costi e risultati: viste le assoluzioni – si è detto – un abisso di soldi pubblici utilizzato inutilmente.

Beh, sarebbe stato utilizzato infruttuosamente comunque – andrebbe replicato – anche se fossero intervenute qualche o tutte condanne.

I diritti fondamentali dei cittadini, a cominciare da quello a non vedersi spiati, non possono flettere, anzi naufragare, sotto i colpi di una strampalata idea che vede la repressione di qualsiasi reato, in astratto commesso, al vertice tra i valori.

E, infatti, duecentomila intercettazioni (quelle effettuate ogni anno in Italia) non sono sufficienti per conseguire l’obiettivo. Nemmeno un numero doppio lo sarebbe.

Pura ideologia. Vuota, giacché irrealizzabile. Eticizzante, perché sganciata dalla realtà.

In uno Stato normale, ossia democratico e liberale, ogni finalità andrebbe bilanciata, o controbilanciata, con i costi, soprattutto se tra le prime si annovera l’idea totalitaria di giudicare ogni comportamento, mentre, tra i secondi, il denaro dei cittadini e, sopratutto, le loro fondamentali libertà.

Gerardo Di Martino