Gli incroci del caso: De Socio e il coraggio di cercare un senso all’esistenza

Nella Sala Grasso l'omaggio al giornalista e intellettuale militante. Nel suo romanzo uno spaccato inedito della sua anima

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“Nel revisionare il romanzo di mio padre, ho capito presto che dovevo accogliere le imperfezioni di questo libro come un dono, così da rendere possibile una qualche forma di riscatto. Ecco perchè la pubblicazione degli ‘Incroci del caso’ è diventata un atto liberatorio, che mi piacerebbe si trasformasse in un’occasione di cambiamento”. E’ Fulvio De Socio a spiegare, nel corso dell’incontro a Palazzo Caracciolo, la genesi degli “Incroci del caso” , Robin edizioni, il romanzo pubblicato postumo, scritto da suo padre Ettore, giornalista, animatore culturale, in prima linea nelle battaglie in difesa della città. “Avevo il rimpianto – prosegue – di non essermi confrontato con lui su questo libro, probabilmente perchè pensavo che avrei avuto tutto il tempo di farlo. Di qui la mia ricerca di ogni forma di dissonanza nel testo, che è poi quello che ho sempre fatto nel rapporto con papà, invece, di godermi i momenti di trascurabile felicità”.

A prendere la parola è quindi Franco Festa, scrittore e amico da una vita, con il quale Ettore aveva condiviso l’esperienza di Controvento “Quello che ci consegna Ettore è uno spaccato inedito per chi ha conosciuto il De Socio cronista, corrispondente di Unità e Paese Sera e poi collaboratore del Corriere dell’Irpinia di Gianni Festa. Nei suoi reportage sulle periferie della città ha sempre cercato di far parlare la gente, gli abitanti dei quartieri, non c’era traccia della sua voce in ciò che scriveva, il suo era sempre un racconto oggettivo. Poi, anni fa mi ha fatto leggere una serie di racconti, tra questi mi ha colpito in particolare una storia, i protagonisti erano Roberta e Alessio, ho capito subito che poteva diventare un romanzo e l’ho incoraggiato a scrivere. Ma ho capito che lui stesso faceva resistenza, non voleva scrivere di sè stesso. E’ stato un lungo corpo a corpo. Per mesi non ho saputo più nulla di quel romanzo, poi mi ha detto che lo aveva mandato a una casa editrice e mi ha chiesto un consiglio sul titolo. Il volume sarebbe dovuto uscire a maggio, poi la pubblicazione è stata posticipata ed Ettore non ha potuto assaporare il piacere di tenere la sua creatura tra le mani”

E’ quindi il direttore del Corriere dell’Irpinia Gianni Festa a raccontare con commozione la sua amicizia con Ettore De Socio “La sua morte mi ha scosso profondamente, ha cambiato per sempre la mia vita. Ricordo i colloqui con lui sulla città che amava tanto ma che vedeva spegnersi, per lui era diventata una Avellino senza anima. Era un giornalista di razza che attraversava i problemi del capoluogo, cercando di comprenderli. Aveva fatto per il Corriere dell’Irpinia e poi per il Quotidiano una bellissima inchiesta sui quartieri della città. E’ stato un animatore militante, nemico del potere, aveva ricevuto qualche sgambetto e aveva pagato un prezzo alto alla sua scelta di libertà e indipendenza”.

La psichiatra Maria Grazia Papa parla di un romanzo complesso e coraggioso “poichè gli uomini di solito non parlano d’amore mentre è quello che fa Ettore, esponendosi nella sua intimità. Le prime pagine, in particolare, ci offrono una serie di scatti fotografici che si fissano nel nostro immaginario ma è chiaro che i protagonisti raccontano la polivalenza dell’essere uomini e donne”. Spiega come centrale sia l’idea del viaggio “che compiono i protagonisti Roberta e Alessio ma anche altri personaggi, solo apparentemente minori. E nei viaggi tutto può accadere, dalla fascinazione ad amori improvvisi, nutriti di immaginazione”. Ma De Socio, ci ricorda Papa, si interroga anche sul rapporto uomo donna e l’identità di genere attraverso una figura come quella di Roberta “che vive in una piccola città di provincia come Avellino ed è in fuga  da un matrimonio, in cui è costretta ad essere solo moglie e casalinga. Dopo quel viaggio, troverà la forza di fare i conti con la complessità col reale. Allo stesso modo, Alessio racconta storie di donne che hanno appreso la lezione femminista ma continua ad essere schiavo di vecchie relazioni di potere. Sarà proprio attraverso il confronto con gli altri personaggi che ciascuno potrà comprendere sè stesso, superare stereotipi e giungere a una pacificazione”

Il giornalista Generoso Picone individua la chiave del romanzo nella citazione di Spoon River che introduce la narrazione e richiama la fame di significati nella vita di George Gray “Possiamo salvarci se riusciamo a rispondere a una domanda di senso”. Spiega come “Ettore dimostra di essere un narratore consapevole dei suoi strumenti, non solo nella scelta della immagini ma soprattutto nella costruzione dell’impianto narrativo. I due protagonisti, in fuga da fallimenti, sono naufraghi della vita, il loro incontro si rivelerà decisivo perchè nella loro ricerca della felicità farà venire fuori emozioni e traumi che si portano dentro”. Quindi si sofferma sui luoghi che pure popolano il romanzo, da Avellino, su cui spesso Ettore consegna giudizi radicali a Formia, simbolo della sua passione per il mare”. Picone spiega come “non è un libro di amore ma di sentimenti, un romanzo che parla della capacità di guardare in noi stessi, di come l’amore sia fatto anche di abbagli e corto circuiti. La protagonistra capirà che l’amore non risolve, che per essere padroni della propria vita bisogna capire il proprio posto nel mondo e comprendere le occasioni che la vita offre. E’ dunque anche una storia di formazione dei protagonisti che, dopo una serie di fughe, approdano ad una quiete. E’ un romanzo che ci ricorda che bisogna accontentarsi dell’infelicità e che fa accadere qualcosa in chi lo legge”.

Ad impreziosire l’incontro le intense letture di passi del romanzo di Angela Caterina e  Gennaro Saveriano. In prima fila, commossa, la moglie di Ettore Licia che accoglie amici e familiari in un incontro che è anche un omaggio allo spirito poliedrico  di uno scrittore autentico.