Corriere dell'Irpinia

Goodbye Lenin?

In questa primavera che volge verso l’estate con i suoi  catulliani “egelidos tepores”, è tutt’altro che finito “l’inverno del nostro rovello”, per dirla con Shakespeare del “Riccardo III“. La peste del Covid continua a mietere morti a milioni (più di sei nel mondo e 200 mila in Italia), anche se siamo ormai abituati alla morte fuori casa e  a camminare in maschera. I “laudatores” delle “magnifiche  sorti e progressive” del capitalismo finanziario ci consentiranno di dire che si tratta delle delizie civil-mortali del loro sistema di sviluppo che  ci ha tolto la prima cosa che  un essere umano ha: la faccia. Intanto anche la meravigliosa e bellissima barriera corallina che circonda l’Australia con i suoi 2500 chilometri sta morendo: si è sbiancata al 91 %  per l’elevamento  della temperatura  del mare – un altro segno della catastrofe ecologica in marcia. In compenso, si fa per dire, si consuma  la tragedia dell’Ucraina. L’ha aggredita da due mesi Putin: dopo che per decenni ha fatto affari con il capitalismo occidentale insieme ai suoi oligarchi, si è accorto  che i suoi soci  stavano, con l’adesione dell’Ucraina alla Nato, per portare i missili quasi fin dentro il Mausoleo di Lenin, mentre la soldataglia nazista di D’Azov ammazzava a migliaia i russi del Dombas. Come se ne uscirà? Si rischia la guerra atomica per un nonnulla: la portaerei Truman, grande quando una città, con cinquemila uomini a bordo si fronteggia con i sommergibili russi nel Mediterraneo. Urge la pace ma, tranne papa Francesco, nessuno la vuole.

Qui da noi, siamo tutti (o quasi) al seguito di Biden e Draghi. Ma quel che mi colpisce di più è l’assenza di un movimento  di sinistra, socialista, democratico. Ma un “Principio speranza”, per dirla con  Ernst Bloch – sembra venire da un libro di un grande leader della Sinistra come Achille Occhetto, che s’intitola “Perché non basta dirsi democratici. Ecosocialismo e giustizia sociale”. Mi si lasci dire che erano decenni che non leggevo un libro di filosofia politica marxista così originale, argomentato, lungimirante e credibile. Un autentico capolavoro.  Occhetto lo affida alle nuove generazioni come suo “testamento politico”. Di fronte  a un “capitalismo predatorio”  e “irrispettoso di qualsivoglia diritto umano”, che sta devastando il pianeta Occhetto afferma giustamente che “il socialismo è un sogno necessario”.  Quale socialismo? Occhetto risponde  proponendo di riandare al socialismo delle origini, ottocentesco, quello precedente le divisioni  tra socialisti e comunisti,  rivoluzionari e riformisti (specialmente a quello, oltre che di Gramsci, di Antonio Labriola), nobilmente caratterizzato dalla lotta per la dignità del lavoro, per la giustizia sociale e la libertà. Un fondamentale punto di forza della sua proposta, che argomenta in modo rigoroso,  è di utilizzare l’apparato della potenza materiale della tecnica, riconvertendolo nel profondo, per un modello di sviluppo che sia “innanzitutto sviluppo umano”. Al fine, ambizioso e bello, di realizzare in modo riformisticamente graduale “un processo di espansione delle libertà mai godute dagli esseri umani“. E di salvare il pianeta.

Indubbiamente, Occhetto dice così, senza dirlo: “Goodbye Lenin”. Ma una domanda si pone: “questo” capitalismo si lascerà trasformare senza ricorrere alla  violenza? C’è da discuterne, ma occorre innanzitutto ricostruire una sinistra organizzata e forte. Senza frapporre dubbi di pantofolaio. Diceva il rivoluzionario dei Ciompi della “Storie Fiorentine” di Machiavelli. “Basta cominciare, il resto verrà”.

di Luigi Anzalone

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