I borghi: un’alternativa al turismo di massa

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Cairano

Di Matteo Galasso

In seguito alla crisi a livello nazionale e mondiale dovuta alla pandemia provocata dal Covid-19 molte cose sono cambiate etra queste anche il modo di vivere il turismo. Infatti, non essendo possibile creare assembramenti e quindi riempire completamente le spiagge, i luoghi di mare in generale e le piazze delle grandi città d’arte note per le loro bellezze paesaggistiche e monumentali, si potrà finalmente dare spazio a quei luoghi finora lasciati in secondo piano dai flussi turistici: i borghi italiani situati nelle aree interne.

Se ne parla sempre di più da qualche anno e tutti sembrano essere d’accordo su un ritorno ad un turismo lento finalizzato alla riscoperta dei territori interni. Si tratta per lo più di luoghi totalmente da ri-scoprire, ognuno famoso per una caratteristica in particolare (torri, castelli, chiese, palazzi signorili, aree archeologiche e naturalistiche). Nelle stradine di molti di questi nuclei urbani “minori”, infatti, si è svolta la storia del nostro Paese, più che nelle grandi città: quasi tutti un tempo piccoli feudi arroccati e difesi naturalmente in aree prevalentemente caratterizzate da paesaggi collinari e montani. Luoghi nei quali ancora oggi il tempo sembra essersi fermato e dove si può rivivere quell’atmosfera antica legata alle tradizioni e al folclore nella quale sono vissuti anche i nostri avi.

Promuovere e potenziare la visita di questi centri minori, caratterizzati spesso da un silenzio quasi irreale dovuto sì ad un progressivo calo demografico ma anche a particolari conformazioni urbanistiche rimaste inalterate nei secoli, così come i territori spesso incontaminati in cui si trovano, porterebbe alla creazione di un turismo alternativo a quello costiero e delle grandi città d’arte, spingendo ad una riscoperta di se stessi e delle proprie radici. Non dimenticando l’importante obiettivo di offrire un reale contributo per frenare quel progressivo spopolamento delle aree interne con incentivi concreti che possano spingere alla rimodulazione delle attività economiche ancora presenti per un rinnovato vissuto sociale e culturale.

Oggi più che mai poi – visto la crisi economica che ci ha investito negli ultimi 12 mesi – il bisogno di fuga da una realtà e una quotidianità diventata ossessivamente ripetitiva per tutti, concedersi una pausa visitando uno dei tanti piccoli comuni italiani dovrebbe costituire una strategia comune.

Visitare e alloggiare in uno degli oltre 300 borghi storici con meno di seimila abitanti, ad esempio, ha dei costi accessibili per tutti, vista l’assenza di un turismo di massa e la presenza di numerosi piccoli alberghi, talvolta diffusi, e agriturismi sparsi ovunque e pronti ad accoglierci per farci essenzialmente “ritrovare”, con un tuffo spazio-temporale in uno stile di vita semplice, che è poi quello vissuto dai nostri nonni e bisnonni. Visitare e risiedere per qualche giorno in un piccolo centro abitato dell’Italia interna avrebbe sicuri effetti positivi anche sulla nostra salute ben più concreti di quelli dovuti ad una vacanza trascorsa al mare, spesso fonte di stress: l’estate 2021 vede il mare come esclusiva meta turistica scelto da oltre 6 italiani su 10.

Grazie al paesaggio, alla natura, al silenzio, all’arte, ma anche al cibo a chilometro zero con pietanze tipiche delle tradizioni culinarie secolari diversificate da borgo a borgo, e all’assenza di ogni forma di inquinamento atmosferico ed acustico, visitare e “abitare” i piccoli paesi di provincia costituirebbe il giusto ristoro per corpo e mente riprendendo i ritmi ancestrali ormai perduti nell’assoluta confusione delle nostre piccole e grandi città.