I diritti non sono una questione di governi

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Di Monia Gaita

La difesa dei diritti sacri e inalienabili dell’uomo non è una questione di governi, nel senso che non muta né dovrebbe mutare quando avviene un cambio di vertice nei gruppi dirigenti. La posta in gioco per l’Italia è la democrazia con i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT). La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea vieta, all’articolo 21, la discriminazione eretta sull’orientamento sessuale. Un altro basilare diritto delle donne, in lotta con la posizione restrittiva di Varsavia e Budapest, è il diritto all’aborto. Com’è noto, in Polonia, il presidente Duda, autodefinitosi con orgoglio, omotransfobico, e Orban in Ungheria, hanno abbracciato una concezione che rema apertamente contro i valori del rispetto e della tolleranza. Promuovere e incoraggiare la tutela delle libertà individuali serve a scongiurare il rischio di attestarsi su posture conservatrici che allargherebbero l’areale degli esclusi. La dichiarazione di indipendenza americana del 4 luglio 1776 enuncia pure “l’autoevidente diritto alla felicità”, summa di una rilevante evoluzione del pensiero che si declina in ossequio allo spirito coraggioso e riformista del The Bill of Rights inglese del 1689. Ricordare che le conquiste della civiltà moderna pulsano con battiti che propagano le proprie vibrazioni nelle conquiste del passato, dovrebbe aiutarci a non cambiare d’abito, a non abiurare a quelle radici, a non ritrattarne premesse, punti e aspirazioni. Se non vogliamo finire fagocitati e inceneriti da chiusure e stalli pericolosi, non dobbiamo sfaldare il legame con una giusta strategia di costruzione societaria. Se i diritti non trovano voce e risposte efficaci, diventeremo un paese menomato nel suo ruolo di contrasto alle disuguaglianze. Ma soprattutto perderemo il contatto con la realtà, ridimensionandoci a una visione corporativa e miope nella gabbia dei fondamentalismi. Fondamentalismi di aroma religioso, retromarce feudali e di opinione, catene di pregiudizi dissepolti dai sobborghi della storia, che hanno sempre inghiottito in un abisso di oscurantismo chi li ha stolidamente partoriti, cresciuti ed applicati.