I forzati da concorso

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Fino a qualche annofa siattraversava l’Italia da Sud a Nord per andare a lavorare nelle grandi fabbriche. Con le valigie pienedi nostalgiae delle poche cose care in tanti hanno trovato occupazione nel triangolo industriale Milano –Torino -Genova. Oggi ci si muove in massa e non sempre con la certezza di trovarlo un lavoro, anzi. E’ successo, ad esempio, qualche giorno fa. A Genova per unconcorso da300posti da infermiere si sono presentati in dodicimila e 500 iscritti provenivano dalla nostra regione,la Campania,quella più rappresentata. I “forzati da concorso” sono per la maggiorpartegiovani manonsolo e hanno in molti casi già girato in lungo e largo mezza Italia. Secondo uno studio recente ci sono stati nel periodo 2001-2015 quasi 19mila concorsi per assunzioni a tempo indeterminato proprio nelle regioni e in altri enti locali, con una media però di nemmeno due posizioni disponibili a concorso. L’ultimo esempio è quello di inizio maggio al Comune di Milano dove per 178 impiegati ci sono state oltre 50mila domande. Grande clamore ha suscitato anche il maxi concorso per la Banca d’Italia. Quasi 85mila concorrenti per 30 posti da vice assistente. Insomma questi numeri ci dicono quanto grande sia la fame del posto fisso, nell’Italia dove la disoccupazione giovanile nonsi schioda dal40 per centoo giùdi lì.Maspesso nonbasta nemmeno vincerlo un concorso. Dal 2012 al 2016 ci sono stati ben diecimila ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato per irregolarità varie. Ad esempio a luglio dello scorso anno il Tar del Lazio ha annullatoil primoconcorsoregionale per 40 infermieri bandito negli ultiminove anni.Seimesi dopogli esami per l’assunzione di 34 impiegati sono finiti sotto la mannaia del Tar dell’Umbria, mentre il Tar del Piemonte ha bloccato il concorso per150 infermieria Torino,dopo che in 2.500 avevano già superato le selezioni. Ma questo è niente rispetto aquello che èsuccesso per ilconcorsone delComune diRoma, con il quale si sarebbe dovuto fra l’altro rimpinguare di 300 unità il corpo dei vigili urbani della Capitale.Banditonel 2010,èstatosospeso per sette anni. Ultimo esempio. In Banca d’Italia,sono stati esclusi 76mila diplomati che naturalmente sono già pronti ai ricorsi per bloccare tutto. Godono già del sostegno dei sindacaticonvinti che è discriminatoriofarfuori chinonè laureato. Trovare oggi una soluzione è veramente difficile. Con molte probabilità rivedremo ancora per molto le scene di chi arriva con telefonino, documento e bottiglietta d’acqua ed è pronto a giocarsi tutto come nel caso del concorso da infermieri. Quarantacinque minuti, un primo tempo di una partita di calcio, per rispondere a test dicultura generale edi logica. Quale logica verrebbe da chiedersi. Il governo studia dei correttivi come accorpare le selezioni e far diventareobbligatorii testdiinglese e computer. Un modo per provare a mettereordine nelcaos. Sonoperò dei piccoli palliativi rispetto al grande problema generale che riguarda come creare le condizioni per ridurre la disoccupazione. Un fine giornalista come Massimo Gramellini ha scrittoche “nulla lede l’onore e la considerazione di se stessi quanto la mancanza o la perdita del lavoro. Un giovane disoccupato cronico si vivecome un fallito; un cinquantenne licenziato e con speranze quasi nulle di riqualificazione non ha più occhi per piangere e neanche per guardare in faccia i propri figli”. Parole che spiegano bene perché si continua ad attraversare il nostro paese in auto, in treno, in pullman o in traghetto, per cercare un lavoro e la dignità.

di Andrea Covotta (edito dal Quotidiano del Sud)