I mali della nostra economia

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Mancano meno di due settimane alle elezioni per la elezione del Parlamento europeo e, benché siamo in piena campagna elettorale, che, peraltro, non si è mai fermata dalla costituzione del governo giallo verde, non si spende una parola chiara sull’ Europa, sul come la si intende e sul come la si vorrebbe cambiare. I social, i salotti televisivi e gli incontri con i politici, sono piene di parole, che durano il tempo della pronuncia, di polemiche, quasi quotidiane, tra i due di oscuri della politica italiana, perfino di insulti, ma di programmi e di proposte per un’Europa più coesa, più autonoma e più autorevole, neanche l’ombra. I cinque stelle sono alle prese con una rimonta elettorale che, almeno nei sondaggi, non accenna ad aumentare e Di Maio – se continua lo sgretolamento – vede in pericolo la sua leadership e, perciò, si posiziona più a sinistra della Lega per farle concorrenza. Non parla dell’Europa e passa tutto il suo tempo a fare opposizione a Salvini con il quale ha un contratto di governo anche se del governo si disinteressano entrambi. Per conto suo Salvini non è da meno: cavalca, più demagogicamente del solito, gli argomenti di sempre: prima gli italiani, chiusura dei porti, (anche se i migranti continuano a morire in mare) via i rom dagli accampamenti fatiscenti, ma anche dalle case popolari assegnate legalmente (perché bisogna darle prima agli italiani), legittima difesa, sdoganamento dei post fascisti di Casa Pound. Quanto all’Europa il suo mantra è che le prossime elezioni segneranno la vittoria dei partiti sovranisti e la cacciata dell’establishment con la conseguente fine dell’austerità e la concessione della massima flessibilità col superamento dei parametri di Maastricht (Rapporto Deficit/ Pil e tetto al debito pubblico). Così si potranno fare le riforme per avviare lo sviluppo: la Flat Tax, la riforma della Legge Fornero a regime e la concessione massima alle richieste di autonomia delle Regioni. La sua concezione è l’Europa delle Patrie che non ha niente a che fare con l’Europa ideata dai padri fondatori, tra cui l’Italia. In politica economica – anch’essa assente dalla propaganda politica – Salvini ha un’idea precisa: essa si deve fare a debito, fregandocene dell’Europa. Un comportamento incosciente che vuol far ricadere sull’Europa, la responsabilità di un declino dell’Italia che ha cause solo interne. Il debito ci è finanziato dai mercati, e non dall’Europa, a costo di un tasso di interessi (270 volte quello della Germania), che se non comprassero più i nostri bond, per una perdita di fiducia sulla solvibilità e stabilità dell’Italia, andremmo a picco in una settimana. Già è successo nel 2011 e c’è voluto il governo Monti, a costo di sacrifici e lacrime amare, a tirarci fuori dai guai. Tenere i conti a posto, fare le formiche e non le cicale, non ce lo impone l’Europa ma il semplice buon senso, senza scomodare gli economisti in cerca di sistemazione politica. I mali dell’Italia sono strutturali e non colpa di questo governo che, però, si comporta peggio dei precedenti, aggravandoli e mettendo in atto una inusitata strategia di distrazione di massa nella quale vengono coinvolti, loro malgrado, per un presunto diritto di cronaca, molti giornali e commentatori televisivi. La cruda verità – come rilevano accorti economisti indipendenti- è che l’Italia è in gravissime condizioni economiche. Nei prossimi due anni ha bisogno di trovare oltre novanta miliardi per bloccare l’aumento dell’Iva e a continuare a finanziare promesse elettorali che non si possono fare senza contemporaneamente reperire le risorse. Invece si va avanti promettendo la famigerata FLAT TAX (incostituzionale!). Il PIL è in caduta libera- per ammissione dello stesso governo (Def); lo Spread è in crescita (e ci costa 5/6 miliardi all’anno di interessi); gli investimenti privati sono in calo come quelli pubblici. La guerra dei dazi e la diminuzione della produzione industriale ci penalizza. Il rischio recessione non è svanito (lo dice Cottarelli) e la crescita – nel migliore dei casi – è stimata sul + 0,2%: la metà della media europea. L’Italia cresce meno della Spagna e del Portogallo, ma anche della Grecia. La Spagna ed il Portogallo hanno fatto riforme che vanno nel verso giusto e si sono tirate fuori dai guai e perfino la Grecia si è messa sulla buona strada. Non siamo sempre al palo e preferiamo parlare di grembiulini a scuola, di chiusura dei porti, di legittima difesa e altre bufale mentre monta la violenza . Monta l’incertezza sul futuro e la gente – abbastanza superficialmente e dimenticando la storia- non vede l’ora di affidarsi all’uomo forte, nella speranza che siano gli altri a pagare i costi della crisi. Purtroppo il PD e la sinistra non riesce a mettere in campo uno straccio di strategia credibile e ritrovare i valori del lavoro e della Costituzione. Occorrerebbero riforme radicali e strutturali e non le solite trovate, abusate da decenni e divenute perfino ridicole come, la spending revue, la vendita del patrimonio statale, la lotta all’evasione fiscale. Occorrerebbe, innanzitutto, una vera lotta alla criminalità e ai suoi rapporti con la politica, alla corruzione che ritorna alla grande (vedi Regione Lombardia!). Al Sud, poi, è preliminare ad ogni possibilità di sviluppo. E, senza il Sud, l’Italia non cresce, soprattutto se vanno via le ricche regioni del Nord!

di Nino Lanzetta