I primi 90 anni di don Ciriaco 

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Avere novantanni e dimostrare una lucidità politica di grande suggestione è davvero cosa rara. Complimenti a Ciriaco De Mita, che domani compie gli anni. Il pensiero lungo fa bene, soprattutto alla politica che di questi tempi, come le cronache raccontano, sprofonda verso l’inferno. Bene, dunque, Ciriaco De Mita. Il suo lungo dialogo con Repubblica alla fine si è trasformato in una grande lezione di un vecchio maestro.

Tuttavia qualcosa tra le cose dette ci sembra sia andata sopra le righe. E’ quando il leader novantenne di Nusco affronta il tema delle candidature. Egli prima attacca Renzi (“E’ di un cinismo senza limite. Lo sfido a trovare un personaggio di livello nella sua ciurma”) poi, però, forse per l’età veneranda, dimentica che della ciurma di Renzi fa parte anche suo nipote che da alleato corre con il partito del ragazzo toscanaccio. Di più. Dicono i bene informati che per la scelta della posizione nei collegi, le pressioni non siano state poche. Peccato veniale o competizione sul cinismo? Forse semplicemente una scivolata.

L’intervista di Stefano Cappellini di Repubblica, pubblicata ieri, ha comunque il pregio di mettere a nudo momenti esaltanti della vita politica del grande don Ciriaco, con tratti umani di personaggi di notevole spessore: dal rapporto con Gorbaciov a quello con Mattarella, passando per Craxi e Berlinguer, per finire con l’odiato nemico Andreotti. Poi, però, ad un certo punto egli cede ad una forma di compiacimento che, per chi ha memoria, va verso l’autoreferenzialità.

Dice il grande vecchio: “ Sono il solo politico che ha allevato classe dirigente. Quando mi elessero in provincia di Avellino c’era solo un deputato. Non è colpa mia se a ogni elezione ne eleggevo uno nuovo. E comunque politicamente sono sopravvissuto a tutti”. Tutto vero, con qualche necessaria precisazione. Quell’uno solo che c’era si chiamava Fiorentino Sullo, padre politico di De Mita e di una generazione democristiana. Sullo, che da morto fa ancora ombra, è stato un grande statista della Repubblica, sin dalla nascita della Costituzione.

Sistemata questa storia è, comunque, utile sapere che ad ogni turno elettorale De Mita faceva eleggere uno dei suoi, oggi ex, amici, indipendentemente dal valore che essi esprimevano. Penso a Gerardo Bianco, a Nicola Mancino, a Salverino De Vito, a Giuseppe Gargani, a Ortensio Zecchino e così via. Se fosse stato uno solo al comando, sarebbe venuto meno quello straordinario gioco di squadra che poi ha consentito a De Mita di assurgere ai livelli altissimi delle istituzioni e della politica. Perchè poi questo processo si sia interrotto è solo un mistero della storia. O forse no. Perchè, come lo stesso De Mita afferma nell’intervista a Repubblica, solo lui è sopravvissuto. In realtà ciò che poteva essere si è trasformato in un cimitero di classe dirigente. Ad eccezione di uno. Che fa parte della ciurma, ma non s’ha da dire.

Auguri presidente e lunga vita.

di Gianni Festa edito dal Quotidiano del Sud