I quaderni del rifiuto di Geppino Spirito

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I quaderni del rifiuto (Ortica, 2019) di Geppino Spirito, in arte Alter Spirito, sono un capolavoro del postmodernismo, di quello che Francois Lyotard indicò come la fine dei “grandi racconti” e l’inizio della meditazione delle rovine. Il citazionismo che ne consegue, che caratterizza l’uomo postmoderno, sarà il punto di forza dell’opera di Spirito che pare incarnarne lo spirito. Davanti all’impossibilità di praticare una vita Leopardiana, di “studio matto e disperatissimo”, l’uomo postmoderno ricorre ai pensieri illuminati dei suoi antenati per spiegarsi e sopravvivere al suo tempo, alla condizione esistenziale che ne deriva. Così colti stilemi, da Schopenhauer a Cioran, da Baudelaire a Borges, rivivono nell’opera di Spirito come messaggi di una civiltà perduta che stimola riflessioni sulla postmodernità e il rifiuto ad accettarne gli esiti nichilistici << I miei Quaderni, urli di protesta notturna>>. La protesta intellettuale nei confronti di “società disperate” e dei loro effetti sulla vita è annunciata dall’esergo di Ionesco che apre l’opera: “Pensare contro il proprio tempo è eroismo, ma dirlo è follia”. Di questa sana follia Spirito ne è consapevole già all’età di quarant’anni, quando inizia la stesura dei quaderni. Gli scritti abbracciano un arco di tempo di dodici anni, dal 15 settembre 2006, anno della morte di Oriana Fallaci, << Si è spesa fino alla fine dei suoi giorni per convincere, persuadere, obbligare a riflettere>> al 4 gennaio 2018 <<Trovare un equilibrio tra la volontà e la rinuncia ed in esso adagiarsi>>. Dodici anni di dissidio spirituale, dove Spirito si dibatte tra la volontà di dire che di per sé è un atto di dolce ribellione e la rinuncia, nella speranza di trovare un pacifico silenzio in cui adagiarsi. Dodici anni di malinconia e d’insonnia, di sacra malattia, (ricordando Aristotele nel “La malinconia dell’uomo di genio” e H. Tellenbach che parlerà di “simmetria che si confà al genio” nel “Melanconia. Storia del problema…”) che hanno il merito di portare alla luce i paradossi della contemporaneità.

Ilaria Cino