I silenzi che parlano

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I silenzi parlano. Nell’escalation della criminalità le voci assenti sono le stesse che hanno alimentato il malaffare. Esse sono, e sono state, nelle Istituzioni. Hanno usato il bisogno per acquistare il consenso. Hanno potuto farlo agendo con la complicità di una burocrazia spesso infetta. Quello che oggi accade in città viene da lontano. E’ figlia della malapolitica che ha tenuto uno stretto controllo per decenni sulle vicende cittadine. L’Irpinia, il capoluogo, cominciano a cambiare pelle in due occasioni storiche: il terremoto dell’’80, le recenti elezioni amministrative ad Avellino. In tutte e due le circostanze la politica assolve ad un ruolo determinante. In occasione della tragica malanotte del 23 novembre ‘80 salta il primo equilibrio. Sono i soldi il veicolo della deviazione. La criminalità corre dove c’è da organizzare l’affare. I fondi stanziati per la ricostruzione in parte finiscono negli studi professionali legati al potere dominante. Nascono allora i nuovi ricchi, frutto del clientelismo esasperato per la cattura del consenso politico. Non è stato sempre e solo così: molte realtà nascono dopo il sisma a nuova vita, consentendo modelli di comunità nel segno del cambiamento. Negli anni i fondi si esauriscono, La camorra, quella vera, non ha più interesse a presidiare il territorio. Lascia ai gruppuscoli locali la gestione dell’usura, del pizzo e della speculazione edilizia. E’ proprio in questo periodo, però, che nasce il primo collegamento tra i boss della grande camorra e i luogotenenti locali che organizzano il malaffare sul territorio. Per anni la narrazione sul ruolo della criminalità locale avviene con episodi minimi che si consumano tra arresti e denunce. E si arriva così alla nuova fase, quella attuale che altro non è se non l’appetito per la spartizione dei rilevanti fondi relativi ai grandi appalti in città. Ancora una volta la criminalità alza la testa. Quella locale prende ordini da organizzazioni più sofisticate, i clan che gestiscono il crimine nelle grandi periferie del Napoletano e del Salernitano. L’occasione delle elezioni amministrative del capoluogo, i fondi da gestire, rappresentano il motivo scatenante della ripresa del conflitto criminale. Mentre, però, nella vicenda del terremoto l’unicità era rappresentata dalla presenza della grande camorra, stavolta la scena cambia. Chi gestisce il malaffare locale in città ha assunto, nel tempo, una dimensione di potere notevole. L’assalto alla diligenza è avvenuto senza riserve. La debolezza della pubblica amministrazione, sempre più prigioniera dei mediatori del consenso con il malaffare, ha reso fragile il territorio, esponendolo a rischi enormi. Mancanza di autonomia decisionale degli amministratori, ambiguità nella gestione negli appalti, utilizzazione del ruolo istituzionale nel veicolare traffici speculativi hanno aperto un varco enorme alla criminalità. Il clima di omertà, l’assenza di collaborazione dei cittadini con i presidi istituzionali del controllo del territorio sono le conseguenze della nuova escalation della criminalità. Che si ripresenta alla vigilia dell’affidamento dei grandi appalti e dopo il successo elettorale con la formazione del nuovo governo. Sia chiaro. Per il primo cittadino Gianluca Festa è questo il momento della verità. Nelle dichiarazioni rese in questi giorni ci è sembrato fermo e deciso nel difendere la trasparenza e la legalità. Gli crediamo. Sempre che egli chiarisca, dimostrandolo con i fatti, che non si presterà mai a subire ricatti da chi ha contribuito, con scopi ben precisi, alla sua elezione. Per quanto riguarda il controllo del territorio siamo convinti che bisogna andare ben oltre la routine delle rassicurazioni. Tanto per cominciare sarebbe opportuno indagare sui nuovi ricchi, sul come sono stati costruiti patrimoni da capogiro e con quali collusioni e responsabilità. Qui la partita si gioca in una sola grande direzione. Nel ristabilire i principi della grande questione morale che oggi ci fa dire con amarezza “come era verde la nostra Irpinia, come era sana la nostra società, come era vivibile il rapporto fra la gente”. Bisogna agire, però, ora e subito prima che possa subentrare una terza fase. Segnerebbe il dominio del definitivo potere criminale, soprattutto dei colletti bianchi, rispetto alla civiltà della nostra realtà, mai come oggi in grande pericolo.

di Gianni Festa